"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 13 giugno 2010

Berlusconi, uno stratega della comunicazione da regime



di Michele


Tanti crimini nella storia recente e passata sono stati tenuti nascosti all’opinione pubblica e poi venuti fuori a distanza di tempo, presentandosi come macabri genocidi, eccidi; gli autori sono personaggi riconosciuti da tutti come criminali da macelleria, basti pensare a Saddam Hussein e Milosevic. Sono personaggi che nei loro atti criminali mostravano una lucida follia, una strategia volta a nascondere l’impopolarità che simili atti avrebbero loro procurato.
Nei regimi dove i media sono controllati da chi detiene il potere di governare, per non essere impopolari si nasconde la realtà di azioni liberticide e che violano i fondamentali diritti umani riconosciuti nel diritto internazionale.
Di solito, non essere impopolari significa nascondere le verità scomode al popolo, nascondere la gravità delle leggi che vengono approvate palesemente contro l’interesse del popolo, facendole sembrare buone norme.
Distorcere la realtà e nascondere le verità scomode insomma è una prerogativa dei dittatori e tiranni che sottomettono i sudditi alla loro volontà, senza che ci siano impedimenti legali al loro modo di fare, infatti la legge è dettata da loro stessi.
Negli stati in cui il governo è eletto democraticamente dal popolo non è consentito che tutti i media siano asserviti al potere di chi governa al punto da nascondere verità scomode e distorcere la realtà. Infatti, uno dei baluardi della democrazia è la libera informazione, ossia l’informazione deve essere il “cane da guardia” del governo e non il “cane da compagnia”.
L’ Italia formalmente è una democrazia, pertanto non tutti i media sono asserviti al potere di chi governa, ma la situazione italiana è anomala dal punto di vista del pluralismo nell’informazione e della libertà di stampa. Lo dice Freedom House (organizzazione autonoma con sede negli Stati Uniti, che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo) che colloca l’Italia tra i paesi “parzialmente liberi” in termini di libertà di stampa, unico paese della Zona Euro e 72° nella graduatoria mondiale, a pari merito con India e Benin, dietro persino al Cile e alla Corea del Sud.
Dal rapporto 2010 di Freedom House si legge che:
il Primo Ministro Silvio Berlusconi si è scontrato con la stampa per la copertura della sua vita personale, che ha portato a querele contro i media esteri e locali e alla censura di ogni contenuto critico da parte della TV di stato.
Il ritorno al potere di Berlusconi nell’aprile 2008 gli ha permesso nuovamente di poter controllare fino al 90% delle emittenti televisive nazionali, mediante gli sbocchi alle televisioni pubbliche e le sue partecipazioni ai media privati.
Il primo ministro risulta essere il principale azionista di Mediaset, del principale editore nazionale Mondadori e della più grande concessionaria di pubblicità Publitalia
.”
La libertà di stampa in Italia non è tutelata, secondo Freedom House, anche per “le limitazioni imposte dalla legislazione, per l’aumento delle intimidazioni nei confronti dei giornalisti da parte del crimine organizzato e di gruppi dell’estrema destra, e a causa di una preoccupante concentrazione della proprietà dei media.”

La strategia di comunicazione è un aspetto fondamentale per un pubblicista come Silvio Berlusconi, soprattutto nel tentativo di revisionare la storia recente, per mettere oblio sulla sua carriera costernata da tante ombre e macchie come:
l’amnistia per falsa testimonianza sull’iscrizione alla P2; i tanti procedimenti penali dai quali è stato prescritto 6 volte e amnistiato 2 volte; le tante leggi ad personam per tutelare i propri interessi aziendali di famiglia; i tanti interventi legislativi per impedire alla giustizia di fare il suo legittimo corso.
Non mancano anche in questa legislatura interventi legislativi a favore delle sue aziende, come: le norme contenute nel decreto Romani sugli spazi pubblicitari televisivi che avvantaggiano Mediaset a discapito di Sky; l’innalzamento al 20% del tetto per l’acquisto di azioni proprie da parte delle società quotate in borsa, subito messa in atto dal cda di Mediaset; l’aumento dal 10 al 20% dell'aliquota IVA sulla pay tv "Sky Italia", il principale competitore privato del gruppo Mediaset; lo spostamento di pubblicità da Rai a Mediaset da parte delle aziende e delle istituzioni controllate dal governo: ministeri, Poste, Eni, Enel, ecc.
Diverse sono state, nel corso degli anni, le leggi ad personam che i governi Berlusconi hanno fatto approvare per parare Berlusconi dai suoi procedimenti penali, ottenendo di: rinviare processi attraverso legittimo impedimento, legittimo sospetto, lodo Schifani e Alfano incostituzionali; bloccare l'acquisizione di prove con la legge sulle rogatorie; depenalizzare i reati commessi come il falso in bilancio; arrivare alla prescrizione riducendone i termini.

La strategia comunicativa di Berlusconi è studiata ad arte per passare da carnefice della democrazia a vittima di presunti complotti, a vittima di calunnie, anche se non hai mai fornito prove convincenti per smentire le accuse rivoltegli, a vittima di un sistema che per lui funziona male e che quindi è necessario cambiare, ma a proprio piacimento. Essa è volta quindi a convincere le persone ignare che c’è necessità di attuare riforme, che in realtà non sono riforme nell’interesse collettivo e di un miglior funzionamento delle istituzioni, ma sono nell’interesse suo personale; infatti, dietro il termine riforme si cela un disegno golpista, eversivo che ha come obbiettivi:
sottomettere la magistratura al potere esecutivo per impedire ai magistrati zelanti di continuare a occuparsi di lui e dei signori della Casta del malaffare, attraverso un disegno piduista che attenta all’autonomia e indipendenza della magistratura;
impedire ai cittadini di conoscere atti di indagine, come quelle sulla cricca degli amici della Protezione Civile, di conoscere verità scomode a Berlusconi e ai suoi sodali;
aggirare o rimuovere qualsiasi regola, organo di controllo e/o istituzione democratica che sia di ostacolo al raggiungimento dei suoi interessi personali, quindi occorre imbavagliare la stampa, i liberi giornalisti, ridurre il parlamento a organo di ratifica del potere esecutivo. Ciò in parte verrà realizzato con l’approvazione del ddl sulle intercettazioni: tale ddl se verrà approvato alla Camera così come è passato al Senato, avrà come effetto quello di imbavagliare in un sol colpo la magistratura e la stampa.

La strategia comunicativa viene attuata ripetendo fino alla noia negli spazi televisivi, che occupa indebitamente in barba a qualsiasi norma di salvaguardia del pluralismo, quei soliti motivi che si possono raggruppare nelle seguenti 3 grosse bugie e/o attacchi eversivi.
1) Berlusconi è vittima di un complotto politico-giudiziario.
C’è da far presente che i processi si fanno sulle basi di prove, testimonianze, confessioni e, quando le prove erano sufficienti per condannare Berlusconi, è arrivata la prescrizione, i cui termini furono accorciati dal suo precedente governo.
Ovviamente Berlusconi non è vittima di alcun complotto.
Infatti, è accertato, dalla sentenza definitiva della Cassazione, che Mills è stato corrotto per testimoniare il falso nell'ambito di due processi in cui era imputato Silvio Berlusconi (il processo per corruzione alla Guardia di Finanza e il processo dei fondi neri di All Iberian) allo scopo di “tenere fuori da un mare di guai” Silvio Berlusconi.
E’ accertato che il giudice Metta è stato corrotto dai legali di Berlusconi per strappare la Mondadori a De Benedetti.
E’ accertato, dal processo All Iberian 1, il finanziamento illecito di 22 miliardi di lire al PSI, denaro partito da fondi occulti della Fininvest per finire nei conti svizzeri del PSI di Craxi.
E’ accertato che alcuni finanzieri sono stati corrotti per far chiudere loro tutti e due gli occhi sulle irregolarità riscontrate nelle verifiche fiscali presso le aziende di famiglia Berlusconi; Massimo Maria Berruti e Salvatore Sciascia, che erano fiscalisti del gruppo Fininvest e prima ancora ufficiali della Guardia di Finanza, sono stati condannati in via definitiva in tale processo relativo alle tangenti alla Guardia di Finanza e poi hanno fatto carriera politica entrando in parlamento col partito di Berlusconi.
Inoltre, ulteriori dimostrazioni che non esiste una persecuzione politico-giudiziaria nei confronti di Berlusconi vengono dalle indagini e processi giudiziari antecedenti il suo ingresso in politica, che lo hanno visto imputato. Ad esempio, già nel lontano 1989 fu dimostrata la sua colpevolezza, poi amnistiata, per falsa testimonianza sull’iscrizione alla loggia massonica P2. Antecedente al suo ingresso in politica è l’indagine in cui fu coinvolto per traffico di droga che venne archiviata nel 1991. Prima dell’ingresso in politica hanno inizio anche le inchieste indirizzate a far luce sulle attività finanziarie delle holding facenti capo a Fininvest.
2) Gli italiani sono con Berlusconi e quindi ha il mandato per “riformare” a suo piacimento.
Innanzitutto, governare non significa comandare (parole di Fini, ma strano che lo ha detto solo da poco); la Costituzione è un baluardo dello stato di diritto al quale il premier giura fedeltà e osservazione, e deve rispettarla indipendentemente dal consenso ricevuto. Se non esistesse una costituzione, non esisterebbe la democrazia, perché in una situazione di anarchia, non esisterebbero organi di controllo per garantire il rispetto delle elementari norme di convivenza, come l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la libertà di manifestazione del pensiero.
Gli italiani non sono con Berlusconi, basta dare uno sguardo alle elezioni del 2009 e 2010, dove prevale l’astensionismo e il partito di Berlusconi riceve appena il consenso di un italiano su cinque. Nel computo degli indici di gradimento vanno considerati anche gli astensionisti, essendo il capo del governo rappresentante di tutto il popolo, anche di quelli che non si sono recati alle urne. Quindi non si capisce da dove tira fuori i suoi sondaggi.
Ma guai ai giornalisti se osano mostrare l’infondatezza dei suoi sondaggi, che subito arrivano intimidazioni in diretta televisiva, una prova di arroganza da parte di chi già possiede la quasi totalità dell’informazione radio-televisiva privata che in Italia non si vedeva dai tempi del fascismo.
Per zittire i liberi giornalisti che sfuggono al suo controllo e occupare ulteriormente gli spazi informativi e di approfondimento politico in Rai, arriva allora il terzo motivo da ripetere fino alla noia, anch’esso tutto studiato in un’unica strategia della contro-informazione.
3) La Rai fa informazione contro il governo.
Ma ci pensa addirittura Minzolini a dare prova della falsità di tale dichiarazione con i suoi editoriali faziosi, e mai si era visto prima che un direttore di Tg del servizio pubblico si schierasse apertamente a difendere le posizioni di una parte politica.
Sono esempio del livello di manipolazione mediatica del servizio pubblico a favore di Berlusconi:
la decisione del Cda della Rai di sospendere i programmi di approfondimento politico in campagna elettorale; l’inchiesta di Trani sulle pressioni per far chiudere Annozero; la notevole sproporzione a favore del centrodestra nello spazio di informazione politica dei Tg di Rai e Mediaset, escluso il Tg3; l’epurazione dei giornalisti al Tg1 che non hanno firmato un documento di sostegno al direttore Minzolini; le tante notizie censurate o diffuse in modo distorto nei Tg sopra citati (la prescrizione di Mills, corrotto da Berlusconi, è stata data dal Tg1 come assoluzione; è stata oscurata la notizia dell’indagine su Cicchitto; il Tg1 ha oscurato l’inchiesta di Bari sul sistema Tarantini perché per Minzolini era gossip; sono state oscurate le proteste dei terremotati abruzzesi, dei precari della scuola licenziati e degli operai delle aziende a rischio chiusura; è stata oscurata dal Tg1 la sentenza della Corte di Cassazione, che ha dichiarato legittima l'ordinanza di arresto per Nicola Cosentino; è stato oscurato dal Tg1 la manifestazione di sabato 20 marzo 2010 a Milano in ricordo delle vittime delle mafie, a cui parteciparono in 150 mila; ecc.).

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