"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

domenica 17 aprile 2011

Il punto. Le montagne russe di Berlusconi (e il senso di impotenza dei democratici).


Di fronte ad un Berlusconi che sembra invincibile, oltre ogni logica razionale prima ancora che oltre ogni decenza, rintuzzando prima il voto di sfiducia figlio della dalla scissione finiana ed imponendo poi al Parlamento il conflitto di attribuzione sulla 'nipote di Mubarak' e la prescrizione breve, il fronte democratico sembra quasi farsi piegare dal senso di impotenza, vedendo allontanarsi la possibilità di scongiurare la deriva autoritaria verso cui sta precipitando l'Italia.
E così si moltiplicano ragionamenti ed elucubrazioni, non sempre lucidi e razionali.
Il blog Rivoluzione Democratica elenca i cinque possibili modi con cui potrà aver fine la stagione politica di Berlusconi (alla rivolta popolare, ritenuta la via maestra, aggiunge le altre eventualità che potrebbero verificarsi: un ribaltone di palazzo per una successione interna al sistema di potere oligarchico e – quali mere ipotesi di scuola – una fine violenta del Caimano per mano delle stesse oligarchie o a seguito di un'azione terrorista); i preti 'pasionari' Don Giorgio De Capitani e Don Farinella si appellano al buon Dio perché metta fine alla vita terrena di Berlusconi rimbeccati giustamente da Pellizzetti che auspica la sconfitta politica del berlusconismo quale unico percorso per il riscatto e la rinascita della nostra democrazia.
Asor Rosa indica un'ulteriore via: sostanzialmente un colpo di stato militare di polizia, carabinieri, esercito per ripristinare la democrazia e la legalità costituzionale.
Buoni ultimi Giuseppe Pisanu e Walter Veltroni riprendono con una lettera al Corriere della Sera l'idea del governo di decantazione che rassereni il clima politico e consenta di varare una nuova legge elettorale e di recuperare delle regole condivise in cui riconoscersi, al di là delle divisioni politiche tra le varie coalizioni in campo.

Concretamente la richiesta di dimissioni del governo e di far nascere un nuovo esecutivo.
Una tesi risibile, così come gli appelli all'unità e al dialogo di Napolitano in nome delle Istituzioni e della Costituzione, quando il potere è in mano ad una masnada priva di scrupoli e di lealtà democratica.
Ci sarebbe poi molto da dire sulla credibilità democratica di Pisanu (un altro degli esponenti della destra, come Gianni Letta, che piacciono tanto a Veltroni), già capo di gabinetto del segretario della DC Zaccagnini all'epoca del rapimento Moro (con tutti i servizi segreti in mano alla P2), già in rapporti con Flavio Carboni e tramite questi con il bancarottiere Roberto Calvi, già ministro degli interni durante le elezioni del 2008 che videro l'effimera vittoria di Prodi e le reciproche accuse di brogli tra destra e sinistra.
Il dato importante è però che si apra un altro fronte interno per Berlusconi: con Pisanu, tuttora esponente del PDL e per di più al Senato, dove la maggioranza governativa aveva fin qui avuto vita tranquilla anche dopo la nascita del FLI.
Sembra inevitabile che Berlusconi non possa godersi in tranquillità il frutto del proprio 'lavoro' e dei propri soldi. Così come successo quando si trovava all'apice del consenso con la falsa ricostruzione dell'Aquila e la menzognera soluzione del problema 'monnezza' di Napoli, ora che poteva farsi forte dei successi parlamentari e avviarsi con una certa tranquillità alla fine della legislatura c'è sempre qualcosa o qualcuno che viene a rompergli le uova nel paniere. Ieri la polemica sulle veline in politica, i pentiti di mafia, il processo Mills, Fini, la moglie, la D'Addario, Noemi, Ruby, oggi Pisanu.
E' un tira e molla continuo, una graticola perenne, autentiche montagne russe sulle quali è costretto a viaggiare il capo della destra senza mai potersi fermare.
E all'orizzonte le decisive elezioni amministrative (a Milano in particolare) e i referendum.
D'altro canto il PDL nonostante la riconquistata maggioranza alla Camera è in piena fibrillazione tra correnti di ogni tipo (forzaitalioti della prima ora, scaiolani, ex socialisti, il Tremonti filo-lega, Miccichè (Dell'Utri) con Forza del Sud, ex missini a loro volta divisi tra La Russa e Alemanno); segno che si dà per scontata la prossima fine del regno berlusconiano anche se non si può ancora dire quando avverrà.
Pisanu in effetti, fin dall'inizio della fronda di Fini, era apparso come uno dei candidati naturali (per chi si fa abbindolare o crede di poter abbindolare con l'ecumenismo democristiano, dimenticando la storia reale delle persone) a guidare quel governo di emergenza nazionale (o del ribaltone a seconda delle visioni) per un dopo Berlusconi che non passasse per nuove elezioni.
Non essere mai uscito dal PDL lo accreditava ulteriormente per tale ruolo.
Il fatto che oggi sia venuto allo scoperto può essere la ratifica del fatto che quel progetto è definitivamente svanito oppure che fosse necessario lanciare un messaggio trasversale per ridare fiato a quell'idea. La risposta a questo interrogativo l'avremo subito e sta nel numero di parlamentari del PDL che saranno disposti a seguirlo.
Ed a proposito di messaggi trasversali e del lavorio per il dopo Berlusconi non si può poi non tener conto dell'ormai scontata prossima discesa in campo di Montezemolo, campione della libera impresa e del libero mercato (sovvenzionati dallo Stato).
Da citare da ultimo, interessante come sempre, ciò che scrive Gianni Vattimo che sostanzialmente appoggia la tesi del 'golpe democratico' di Asor Rosa.
Ma la domanda che si pone allora è inevitabile: prima di cedere alla disperazione e di perseguire strade 'anomale', se si provasse finalmente a costruire – con i cittadini, con i movimenti, con gli intellettuali, con i politici onesti – una vera alternativa democratica?
In realtà abbiamo di fronte a noi, nei prossimi mesi, due occasioni in cui come cittadini possiamo far sentire la nostre voce: con le elezioni amministrative (e Milano, come ammette Berlusconi stesso, è un test nazionale: sconfiggere la Moratti o costringerla al secondo turno avrebbe effetti dirompenti nella linea politica della Lega) e soprattutto con i referendum del 12 e 13 giugno.
Il SI all'abolizione del programma nucleare e di privatizzazione dell'acqua (oltre che al legittimo impedimento) rappresenterebbe una straordinaria vittoria per i democratici e l'avvio di una nuova stagione politica per il nostro Paese.
La battaglia per raggiungere il quorum per i referendum (nel silenzio censorio dell'informazione) è tutt'altro che scontata e forse varrebbe la pena di concentrare su questa, almeno per il momento, tutti i nostri sforzi.

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