"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

lunedì 11 luglio 2011

Il flop di Futuro e Libertà: può esistere in Italia una destra liberale e democratica?


Altri tre deputati, tra i fondatori ed esponenti di primo piano di Futuro e Libertà e che per aderirvi avevano anche abbandonato le proprie cariche al governo, lasciano il partito di Fini: Ronchi, Urso, Scalia. Mentre Berlusconi continua a ricevere sberle al di fuori dei palazzi della politica (amministrative, referendum, condanna a risarcire De Benedetti per la corruzione sul lodo Mondadori, indagini giudiziarie su P3, P4, cricca della protezione civile ….) dentro il Parlamento incrementa i suoi consensi recuperando man mano (con una poltrona di sottosegretario, con un incarico in qualche ente o qualche codicillo ad personam, con commesse pubbliche o della Rai Tv) buona parte dei fuoriusciti finiani.
Chi nasce tondo non muore quadrato: chi si è fatto eleggere con Berlusconi e l'ha seguito, sostenuto e utilizzato per dieci o quindici anni risultava poco credibile quando, come fulminato sulla via di Damasco, scopriva il conflitto di interessi, le pendenze giudiziarie, la questione morale, i fallimenti della destra nell'azione di governo.
L'appeal del progetto finiano stava essenzialmente nella convinzione di poter far cadere Berlusconi, in un rovesciamento delle alleanze e nella nascita di un governo di emergenza: chi l'avesse seguito ne avrebbe poi raccolto i frutti. Sconfitti nel voto di sfiducia del 14 dicembre, conquistate modeste percentuali di consenso nelle elezioni amministrative, gli opportunisti sono scappati a gambe levate (meglio l'uovo che si può ottenere oggi con la partecipazione alla gestione del potere che l'incerta gallina del successo di un progetto politico domani) e così con Fini sono rimasti i fedelissimi come Bocchino, i sinceri legalitari come Granata e Angela Napoli, i fascisti onesti come Tremaglia e Paglia.

Ma il flop, fin qui, di Futuro e Libertà porta con sé un'altra domanda, più importante. Può esistere cioè in Italia un partito di massa di destra veramente liberale, laico, democratico? La storia (il ventennio fascista dove di fronte al 'pericolo' rosso la borghesia scelse di affidarsi per difendere i propri interessi alla violenza delle camicie nere, la democrazia cristiana, l'epoca berlusconiana) ci dice di no. Così come l'osservazione della base sociale della destra dove inevitabilmente finiscono per prevalere le pulsioni razziste, le concezioni confessionali, le attitudini clientelari e corporative piuttosto che quelle fondate sul merito e sulla libera concorrenza.
E non è un caso che Fini abbia riscosso maggiori simpatie e speranze nell'area democratico-progressista che in quella tradizionalmente conservatrice.
Quale spazio politico potrà dunque esserci per Futuro e Libertà se non quello, nell'ambito del Terzo Polo con Casini e Rutelli, di un mero ruolo di ago della bilancia, forse politicamente importante ma certo minoritario, tra destra e sinistra? Una residuale area politica di centro dove tra l'altro sembra volersi posizionare anche Di Pietro per conquistare il voto dei delusi dalla destra berlusconiana.

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