"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

sabato 6 agosto 2011

Riforma dei partiti e questione morale




Disse Enrico Berlinguer oltre trent'anni fa: «La questione morale non si esaurisce nel fatto che essendoci dei ladri e dei corrotti bisogna scovarli e metterli in galera. La questione morale oggi fa tutt'uno con l'occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande. La questione morale va aggredita in pieno andando alle cause politiche che la determinano».
Da allora, la degenerazione partitocratica - che determina il dilagare della corruzione e dell'economia criminale - è andata avanti sino alla necrosi odierna. Tangentopoli non ha avviato alcun processo di rigenerazione della politica e i partiti sono tornare a fare quello che sanno fare meglio. 
Ma è giusto pensare che questa degenerazione dei partiti, la quale registra e, allo stesso tempo stimola, le peggiori, storiche caratteristiche del popolo italiano (quelle di cui già parlava Leopardi), nasca anche dalla debole definizione del loro profilo nella Carta Costituzionale?
Oppure, come si afferma sul sito La Voce nell'articolo "L'egoismo dei politici", bisogna puntare l'attenzione sulla responsabilità dei cittadini (si pensi alle ultime elezioni regionali dove la Carfagna ha ottenuto il record di preferenze tra tutte le regioni in cui si è votato e sono risultati eletti soggetti come Renzo Bossi e Nicole Minetti)?
"In un paese a democrazia matura, gli stessi elettori dovrebbero automaticamente punire i comportamenti devianti, costringendo così i partiti a selezionare con maggiore attenzione i propri rappresentanti. Ma l’evidenza accumulata in decenni suggerisce che l’elettore italiano sia singolarmente incapace di svolgere questa funzione; prontissimo ai moti di piazza contro la casta, ma poi incapace di trasformare le prese di posizione in una selezione accurata dei propri rappresentanti, anche laddove sia ancora possibile, cioè nelle elezioni locali e regionali".

Certo le 'contromisure' di tipo tecnico-istituzionale sono essenziali e non mancano le proposte al riguardo: anagrafe patrimoniale dei candidati e degli eletti, pubblicizzazione sulla rete di tutti gli atti politico-amministrativi in particolare di quelli di spesa, definizione legislativa dei criteri di democraticità cui devono attenersi i partiti (e i sindacati ..) nella loro organizzazione interna, certificazione e controllo dei bilanci delle organizzazioni politiche e sindacali, legge elettorale che restituisca agli elettori la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, criteri per la formazione delle candidature, limite massimo di mandati, cause di ineleggibilità. Si discute poi se sia necessario superare la norma costituzionale che attribuisce ai parlamentari il diritto di esercitare il proprio ruolo senza vincoli di mandato oppure se sia preferibile conferire agli elettori la possibilità di revocare i propri rappresentanti quando questi vengano meno agli impegni presi in campagna elettorale.

E' interessante inoltre il punto di vista della Rete dei Cittadini per la quale i punti fondamentali da affrontare sono l'organizzazione e finanziamento del soggetto politico, la distribuzione del potere, le procedure elettorali e non è utopia mettere in campo " … gli antidoti necessari che possono essere adottati ora, senza aspettare cambiamenti istituzionali o legislativi che richiedono tempo e compromessi con tutte le forze in campo."

"Un cambiamento più profondo potrebbe farlo un soggetto politico federato che sviluppa una organizzazione a rete distribuita sul territorio, costituita da associazioni e movimenti civici, dove i cittadini senza delegare nulla a nessuno, con un flusso di decisioni che va dal basso verso l’alto, possono concorrere democraticamente a determinare le scelte politiche del soggetto politico".

Bisognerebbe poi allargare la riflessione a ciò che avviene nelle altre democrazia occidentali, ad esempio gli Stati Uniti: la situazione è sempre migliore dell'Italia? Sicuramente negli USA vi sono minori casi di corruzione individuale e i comportamenti irregolari vengono adeguatamente sanzionati, ma cosa dire del potere corruttivo delle lobbies e la loro influenza sui parlamentari e nel riuscire ad insediare i propri rappresentanti nei gangli vitali dell'amministrazione presidenziale?

E ancora, Da dove derivano i guadagni illeciti di un politico? Se un candidato spende per farsi eleggere (almeno dove si vota con le preferenze ma ci sono state anche inchieste sulla vendita delle candidature con liste bloccate ...) ben più di quanto guadagnerà durante il mandato forse non è del tutto giusto focalizzarci completamente sulle retribuzioni dei politici ma bisogna guardare ai vantaggi diretti e indiretti di farsi eleggere (nominare) in qualche assemblea politica: a parte l'immunità parlamentare per i membri di Camera e Senato, i finanziamenti dalle lobbies per votare su questo o quel provvedimento, soprattutto la possibilità per la politica (evidentemente i dirigenti dei partiti più che i 'peones') di occupare con propri rappresentanti le amministrazioni e le aziende pubbliche (Rai, consigli di amministrazione, direttori asl e perfino primari ospedalieri, consulenze, ecc.ecc.) e dunque di assegnare appalti e indirizzare capitoli di spesa.
E' qui che si innesca quel processo di degenerazione della politica e della pubblica amministrazione: il nominato dai partiti preferirà, per l'aggiudicazione di una commessa pubblica o per la nomina e la promozione dei responsabili amministrativi a vari livelli, le aziende e i candidati maggiormente funzionali al proprio partito ed alla propria corrente o addirittura al proprio politico di riferimento. 
E' soprattutto in questo ambito dunque che è necessario intervenire per liberare lo Stato dall'occupazione dei partiti. Dando alla pubblica amministrazione e agli alti burocrati quell'indipendenza e quel prestigio (concretamente percorsi di selezione e di carriera non determinati dalla politica ed il più possibile fondati sul merito) che caratterizzano ad esempio, almeno in parte, la magistratura e la Banca d'Italia (fatta salva la gestione Fazio).

Giova infine rileggere, a dimostrazione del fatto che in questi ultimi vent'anni è cambiato ben poco, alcuni brani tratti dall'ultimo capitolo di "Autobiografia di una repubblica" di Guido Cranz: i problemi che ci arrivano dagli anni ottanta sembrano tutti ancora presenti e tutti ancora da risolvere. E ci dicono che se i partiti sono morti nemmeno la società civile sta tanto bene.


"La comprovata profondità della corruzione, le diverse componenti dell'esplosione di opinione pubblica, l'azione della magistratura, l'incapacità del sistema politico di rinnovarsi prima del crollo (e aggiungo io anche dopo il crollo) e infine il rapporto fra politica, giustizia e media".
Quanto all' "antipolitica" e all'antipartitismo: "basta con una politica di chiacchiere, di stupide baruffe e di politicanti senza mestiere", sono parole pronunciate da Berlusconi all'epoca della sua discesa in campo.
"Di punto in bianco si sta scoprendo che la Gente in Italia non è il cosmo rotondo e perfetto che fu vagheggiato all'inizio di tangentopoli. Non incarna il bene, né il vero né il bello. Non è il popolo buono che si oppone ai politicanti malvagi (...), d'un tratto la gente appare diversa, come smascherata dopo il successo di Berlusconi, della Lega e dei neofascisti: da bella è diventata bruttissima; da civile è diventata incivile. E non solo incivile ma idiota (...). Sembra una fiaba con fine infelice: c'era il principe, e nelle ultime righe si apprende che invece era un rospo". Barbara Spinelli, La gente ora è brutta, in La Stampa, 5 aprile 1994. All'indomani del voto Scalfari osservava che gli elettori sapevano bene che Berlusconi era portatore di interessi personali: evidentemente non avevano dato peso "alle regole, all'incompatibilità tra interesse pubblico e privato, alla differenza che corre tra il partito, il governo, lo stato" e il problema era proprio questo.
"Alla compagnia di quart'ordine che era rimasta in scena fino al 1992 ne è subentrata un'altra che sembra perfino più dilettantesca e scalcinata della prima", ma se avessero vinto i progressisti "avremmo assistito a un'esibizione altrettanto sgangherata di quella adesso in corso (...). Non ci sono nelle vicinanze compagnie in grado di metter su uno spettacolino decoroso". Una volta caduto il governo berlusconi "sul paese non sorgerà un'alba radiosa. Vi stagneranno invece i fumi tossici, i miasmi del degrado politico di questi mesi. E non si riesce assolutamente a vedere chi sarà capace, a quel punto, di intraprendere l'opera di disinquinamento" Sandro Viola, I nuovi comici del Teatro Italia, La Repubblica 2 agosto 1994.
Arrivando fino ai giorni dell'ultimo disastro elettorale del centrosinistra: "un vero patrimonio è stato sperperato e dilapidato, portando il centrosinistra e la sinistra radicale a identificarsi in maniera crescente - e non solo nella loro immagine pubblica - con la conservazione e la vecchia politica, con l'incapacità di governare. Difficilmente troviamo nella loro agenda, inoltre, i temi inediti del mondo globale o - più semplicemente - quelli connessi al progetto di costruzione dell'Europa. (...) Largamente estranei alle sfide più alte, centrosinistra e sinistra sono apparsi deboli anche su altri terreni", ossia la difesa delle regole istituzionali e dello stesso "esser nazione". 
"Nello scolorire di altri modelli e nell'ulteriore deperire dell'etica pubblica appare più forte e diffusa di prima - e quasi priva di confini politici - l'Italia che si trova sostanzialmente a proprio agio nello scenario generale che si è consolidato negli anni di Berlusconi". 
Trentacinque anni fa Pasolini invitava a leggere nel contempo "la degenerazione del palazzo e la mutazione antropologica del paese: comprendiamo oggi tutto il rilievo di quella indicazione. Di questo ci parlano ad esempio i dati più recenti sulla corruzione e sull'evasione fiscale. O, ancora, le documentate inchieste e denunce sui comportamenti diffusi nelle istituzioni più differenti. In molte aree del paese, dunque, e non solo nei ceti tradizionalmente meno ligi alle regole, sono sempre più evidenti i segni di una, per dirla con Roberto Saviano, corruzione inconsapevole. E non è tanto questo a colpire, o a ferire, quanto l'assoluta inefficacia che hanno persino gli atti di accusa più documentati".

Spunti di riflessione che rimarranno validi anche nel, speriamo imminente, dopo Berlusconi.

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