"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

mercoledì 14 settembre 2011

Un uomo qualunque



di Cyrano de Bergerac








Questa è la storia di un uomo, un uomo qualunque, uno, nato nel profondo di una metropoli del sud, in Sicilia, a Palermo, un isolano che presto comincia a conoscere tutte le contraddizioni che questo popolo si porta dietro. Un uomo qualunque di quelli che non cercano notorietà e non si interessano di politica, un uomo nato in un quartiere di Palermo, un quartiere come quelli che circondano la città, una periferia sola , abbandonata dalle istituzioni e lasciata nelle mani della delinquenza mafiosa, uno di quei quartieri dove se non ci vivi non puoi capire l’entità del quotidiano. Sto parlando del quartiere Brancaccio, periferia nord est di Palermo, quartiere che negli anni ha visto il susseguirsi del potere di diverse famiglie mafiose, e che ora subisce il potere della famiglia Graviano. Confinante con la borgata di Ciaculli, dove regnava la famiglia dei cugini Greco, Totò detto il “Senatore” e Michele detto il “Papa”, famiglie decimate dal maxi processo di Giovanni Falcone e del pool antimafia guidato dal giudice Antonino Caponnetto. E poi confinante con la borgata di santa Maria di Gesù, patria di Totuccio Contorno detto Coriolano della Floresta per la sua abilità di rendersi latitante, prima mafioso e poi pentito.
Brancaccio come certi quartieri periferici di Palermo subisce la vocazione mafiosa e l’abbandono delle istituzioni, lasciando terreno fertile alle organizzazioni mafiose per una sostituzione allo stato. Solo che qualche volta i mafiosi che dettano legge nei quartieri, si ritrovano ad iavere a che fare con un uomo qualsiasi, un uomo piccolo piccolo, uno di quelli che decide per credo, per vocazione e soprattutto per fede, di fare il suo lavoro come dio comanda. Un uomo di chiesa che interpreta nel pieno la sua vocazione.
Come dicevo prima Brancaccio è un quartiere ad alta densità mafiosa, lo è sempre stato, la famiglia Graviano ne gestisce le sorti, decide quelle di interi caseggiati e strade, e si sostituisce allo stato dando a certi strati sociali del quartiere la parvenza di stato. La famiglia Graviano all’interno del quartiere gestisce diversi traffici, dallo spaccio di droga alla riscossione del pizzo al controllo di attività commerciali, racimolando quantità enormi di denaro. Gestisce anche i vari periodi elettorali con il controllo del voto a tutti i livelli, da quello nazionale fino a quello di quartiere.
I Graviano, una delle più potenti e sanguinarie famiglie mafiose, non si limita al solo controllo del territorio dove vive, ma esporta i propri interessi anche al nord, investendo nel bene più sicuro, il mattone, affari tra l’altro riconducibili al senatore Dell’utri ed al premier Berlusconi, investimenti operati proprio con enormi quantità di denaro proveniente dai traffici più illeciti e ripuliti in attività più o meno pulite, con l’ausilio di vari prestanome.
Ma nei quartieri si sa, ci si conosce tutti o quasi, ed alle famiglie che comandano capita di incontrare sulla loro strada un uomo qualunque, un uomo piccolo che armato di coraggio, fede e voglia di giustizia, non tanto per lui stesso ma quanto per coloro che dell’onestà e della legalità ne hanno fatto una bandiera.
Un uomo qualsiasi che riesce a mettere paura alla famiglia mafiosa che gestisce il suo quartiere, il quartiere dove era nato e cresciuto, e dove conosceva tutti, il quartiere di Brancaccio.
Questo piccolo uomo, col suo coraggio, la sua pazienza, la sua sete di giustizia, armato solo di parole, combatteva le ramificazioni del potere mafioso nel suo quartiere, sottraendo i giovani alle lusinghe della manovalanza delinquenziale, e questo i boss della famiglia Graviano non potevano permetterlo, non potevano cadere nel ridicolo, essere considerati agli occhi dei controllati dei perdenti, ciò anche al cospetto delle altre famiglie che gestivano l’intera città.
Ed allora questo piccolo uomo, questo uomo qualsiasi viene messo sotto controllo, viene tenuto d’occhio, viene avvertito, prima con le parole e poi con i fatti.
Le attività illegali, lo spaccio di droga, e soprattutto l’arruolamento di giovani senza futuro non potevano subire interruzioni. Eppure questo piccolo uomo armato solo di parole riesce con paziente lavoro a sottrarre ai mafiosi quel terreno fertile che procura ricchezza, il recupero di ragazzi di strada ed in secondo tempo il luogo dove si svolge lo spaccio di droga facendolo diventare un luogo per attività ludiche e di aggregazione, che in breve tempo raccoglie l’adesione volontaria degli abitanti che nulla vogliono avere a che fare con la mafia, la mafia di Brancaccio.
Ma tutto questo la famiglia mafiosa dei Graviano non può mica accollarselo? No ne va di mezzo il prestigio, il potere, il rimetterci la faccia agli occhi degli abitanti del quartiere, dei propri affiliati, dei componenti delle altre famiglie, della cupola mafiosa. Il perdere l’autorità davanti ai propri soci economici , quelli con i quali fanno busines, ad opera di un uomo piccolo piccolo, un uomo qualsiasi, uno scassa minchia che era diventato pericoloso in quanto simbolo di legalità, ebbene, questo no non poteva essere accettato. Ed allora bisogna passare alle vie di fatto. La sera del 15 settembre del 1993, giorno del suo compleanno, alcuni colpi di pistola squarciavano il silenzio di Brancaccio, due killer lo aspettavano sotto casa, due killer dei più spietati, ed armati di pistola, per liberarsi di un uomo piccolo, un uomo qualsiasi, uno di quelli che era riuscito a fare il proprio mestiere fino in fondo, come dio comanda, due killer che non esitarono ad uccidere, e poco importa se lo conoscevano sin dall’infanzia.
Da questo assassinio comincio il declino della famiglia mafiosa dei Graviano, che, con il pentimento del killer che sparò quella sera a Brancaccio, Salvatore Grigoli, fu accusata di essere il mandante dell’omicidio di un uomo qualsiasi. Quell’uomo si chiamava Giuseppe, Pino per gli amici, Don Pino Puglisi per i suoi parrocchiani, Don Pino, parroco della parrocchia di Brancaccio, un piccolo Davide che con il sacrificio della sua vita seppe sconfiggere il Golia mafioso ed assassino.




au revoir

ed al fin di mia licenza io non perdono e tocco

cyrano di bergerac

1 commento:

  1. ho voluto ricordare don Puglisi sul mio blog con un link a questo post
    saluti

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