"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

giovedì 5 gennaio 2012

Il mondo visto dall'oblò di un blog: i fatti politici più importanti del 2011


La funzione, la mission di un blog, almeno di questo piccolo blog collettivo, non è la ricerca di scoop non alla nostra portata, non è la pretesa di rivelare verità nascoste e occultate.
E' anzitutto un mezzo attraverso cui poter esprimere le proprie opinioni, come se ci si trovasse in piedi su di uno sgabello in un Hyde Park virtuale a proporre idee e pensieri ad un piccolo pubblico.
Ma ancora di più risponde al consapevole proposito di essere parte – l'anello di una catena, la maglia di una rete – del desiderio e del bisogno, partecipato e condiviso da tanti cittadini, di proporre una visione diversa del mondo rispetto a quella che ci viene imposta dai mezzi di comunicazione dominanti,  di fornire il proprio contributo a divulgare punti di vista che altrimenti rischierebbero di restare inosservati, di concorrere a promuovere, avendo sempre presente i propri limiti, partecipazione democratica, consapevolezza, conoscenza e spirito critico.
E il nostro successo pubblicando un post si verifica quando i lettori colgono nel blog uno spazio e un'occasione di riflessione, di discussione, di analisi collettiva.
Questa catena e questa rete – ancorché virtuali – stanno diventando di fatto elementi fondamentali delle dinamiche politiche di questi nostri tempi come hanno dimostrato i movimenti di rivolta e per il rinnovamento della politica che stanno diffondendosi in tutti i Paesi del mondo.
Accanto ad esse sono pure fondamentali quelle espressioni del giornalismo (Riccardo Iacona, Michele Santoro, Report) in grado di unire grandi numeri di ascolto e temi scomodi (lavoro, corruzione, sprechi) pressoché assenti nei TG Rai e Mediaset e nei cosiddetti programmi di approfondimento, i sempre più ripetitivi e rituali talk show politici.
Anche se sono tanti che nello schieramento antagonista e di sinistra storcono il naso di fronte al miliardario Santoro, va dato atto al giornalista salernitano di aver fatto, dopo gli incoraggianti successi di trasmissioni autogestite come Tutti in Piedi, la scelta più coraggiosa e giusta dando vita ad un programma libero come Servizio Pubblico e rifiutandosi di accettare ancora compromessi con la Rai, dalla quale è stato estromesso perché inviso a tutti i partiti, e con emittenti come La7 che nonostante cerchino di apparire espressione del mondo progressista restano al servizio degli interessi di grandi gruppi imprenditoriali.

Ripercorrendo il mio personale contributo al blog per l'anno che si è appena chiuso ritrovo quelli che a mio avviso sono stati i principali fatti politici che l'hanno caratterizzato.
Il 2011 è stato l'anno dei movimenti, della primavera araba che ha rovesciato, in un modo o nell'altro, o messo in crisi regimi familistici, corrotti e autocratici che per decenni hanno conculcato il diritto alla libertà e all'autodeterminazione dei popoli del Nord Africa e del Vicino Oriente (Tunisia, Egitto, Yemen, Libia, Siria), della richiesta ovunque sempre più forte, dagli Indignados spagnoli a Occupy Wall Street, da Israele alla Cina, dal Cile alla Russia, di far nascere o rinascere la democrazia per lo più ridotta, nei Paesi occidentali, a mera e formale finzione in cui i rappresentanti eletti dal popolo non sono ormai che semplici esecutori delle decisioni dei poteri economici e finanziari.
In Italia in particolare, nel quadro di un rinnovato interesse della politica nel senso migliore del termine, si è fatta via via più diffusa la contestazione dei partiti identificati come casta dedita alla meschina difesa dei propri privilegi, sui quali si abbattono – in particolare per le destre ma anche per il Partito Democratico - accuse giudiziarie per corruzione, incapaci di perseguire il bene comune negli strumenti e nelle strategie con cui viene affrontata (a spese dei ceti popolari e non attraverso il prevalente contributo dei ricchi e la lotta agli sprechi, non attraverso la messa in discussione del fallimentare sistema liberista) la crisi finanziaria e dell'euro, inerti se non complici di fronte all'arrembante invasione delle mafie al Nord ed agli eventi di una città come Roma investita da una preoccupante recrudescenza criminale, negando la possibilità di realizzare quelle riforme della giustizia penale che ne garantirebbero il funzionamento, servi degli interessi della speculazione edilizia e di chi trae profitto dalla devastazione del territorio i cui prezzi tragici, in termini di vite umane e di danni materiali, vengano regolarmente pagati dai cittadini – in tutte le parti d'Italia – ogni qualvolta si presentano eccezionali ma prevedibili in quanto ricorrenti eventi naturali quali terremoti e impetuose precipitazioni temporalesche.
Percorsi per la democrazia e verso la democrazia tutt'altro che conclusi e che anzi hanno spesso offerto l'opportunità di strumentalizzare, sul piano internazionale o interno ai singoli Paesi, le rivolte e le proteste e di utilizzarle come occasione per regolamenti di conti tra i ceti dominanti e i potenti della Terra, continuando di fatto a negare l'aspirazione alla libertà e alla democrazia dei popoli.
Mentre avveniva l'esecuzione di Osama Bin Laden ad opera delle forze speciali statunitensi, in circostanze misteriose e indimostrabili, la guerra di Libia ha lacerato le coscienze di tanti democratici tra l'avversione al regime sanguinario di Gheddafi e la consapevolezza che l'intervento militare della Nato non era certo mosso da ragioni umanitarie ma unicamente dalla volontà di imporre la propria sfera di influenza sui ricchi giacimenti di petrolio libici.
Le rivolte nel nord Africa si sono a loro volta intrecciate con la questione immigrazione in Italia, con l'invasione di Lampedusa e le morti dei profughi nel Mediterraneo, tra il razzismo leghista e il vergognoso esibizionismo inconcludente di Berlusconi da un lato e le difficoltà della sinistra di proporre esplicitamente una propria visione alternativa su di un tema che colpisce i nervi scoperti degli elettori e dei cittadini (anche progressisti).
La feroce strage di ragazze e ragazzi impegnati in un meeting politico in un Paese affidabile e tranquillo come la Norvegia ad opera di un fanatico anti-islamista e la catastrofe umanitaria nel Corno d'Africa hanno fornito altre occasioni, ma non ne sentivamo il bisogno, per riflettere sulla follia del mondo in cui viviamo.
La morte di Vittorio Arrigoni, assassinato per la sua ostinata volontà di testimoniare pace e diritti umani e colpevolmente dimenticato in quasi tutti i resoconti dei principali fatti del 2011,  è uno dei capitoli più dolorosi da ricordare.
Per l'Italia che non ha conosciuto un movimento di massa paragonabile a quello spagnolo degli Indignados, la protagonista della rivendicazione di una maggiore democrazia e e della riaffermazione dei diritti dei cittadini lavoratori è stata la Fiom, l'organizzazione sindacale degli operai metalmeccanici della CGIL che opponendosi ai diktat e ai ricatti della Fiat di Marchionne ha tenuto alta la bandiera della protesta sociale e dell'idea di una nuova politica e dell'eguaglianza.
L'altro protagonista della volontà di costruire un altro mondo e un'altra idea dell'amministrazione della cosa pubblica, rispettosa dei diritti e della vita dei cittadini, è stato il movimento No-Tav del Val di Susa.
Le degenerazioni violente della manifestazione del 14 ottobre a Roma hanno costituito una battuta d'arresto per la costruzione di una vera alternativa e offerto argomenti di propaganda alle forze politiche tradizionali ma non hanno certo determinato la fine e il fallimento definitivo di quel percorso.
E' stato anche l'anno del terremoto in Giappone, un evento di terrificante intensità, l'ennesima dimostrazione dell'impossibilità di dominare la natura da parte dell'uomo ma che pure ha palesato come una efficiente organizzazione sociale ed una sapiente prevenzione sia in grado di minimizzare la perdita di vite umane e la distruzione di cose provocate dalle catastrofi. Sia pur tragico il bilancio delle vittime del terremoto giapponese non è nemmeno paragonabile a quello dei terremoti ad Haiti e in Indonesia e fa gridare vendetta per i morti dell'Aquila quasi totalmente dovuti alla colpevole incuria ed all'assenza di un'adeguata predisposizione anti-sismica degli edifici.
Ma il sisma giapponese, causando l'incidente alla centrale nucleare di Fukushima, ha anche determinato la fine dell'illusione (e della bugia) del nucleare sicuro: da allora in poi gran parte dei Paesi del mondo hanno dovuto prendere atto dell'insostenibilità e della assoluta mancanza di convenienza economica della scelta nucleare.
Sulla scena internazionale il caso Strauss-Kahn, il direttore del Fondo Monetario Internazionale, esponente socialista considerato tra i favoriti per le elezioni presidenziali francesi del 2012, arrestato per l'accusa di violenza sessuale dalla quale è stato poi prosciolto ha mostrato un'altra faccia, certo non secondaria, del ceto politico: quella del delirio di onnipotenza di certi uomini di Stato e di come l'incapacità di controllare le proprie pulsioni sessuali li ponga in una situazione di vulnerabilità assoluta fino a mettere in gioco, per casualità o per situazioni create ad arte, la propria carriera politica (e il riferimento a tutti i racconti sul bunga bunga e sui festini berlusconiani è assolutamente voluto).
La morte di Steve Jobs, il fondatore della Apple, esaltato per le straordinarie e innovative capacità imprenditoriali e di progettazione tecnologica, mi ha spinto ad evidenziare la differenza tra la religione civile statunitense fondata sulla iniziativa individuale e la rete di protezione sociale, il welfare, che contraddistingue l'Europa, alla quale i suoi cittadini non intendono in alcun modo rinunciare.
Nell'Italia che celebrava i 150 anni della sua storia unitaria, tra negazionismo leghista e la retorica presidenziale delle celebrazioni ufficiali che non ha permesso di dare conto delle tante facce, tra loro spesso in contraddizione, sovente inaccettabili, che compongono la fisionomia, presente e passata, del nostro Paese, abbiamo vissuto l'agonia e la resistenza illogica e incomprensibile del governo Berlusconi, fiaccato dagli scandali sessuali, da innumerevoli procedimenti penali, dalle inchieste per corruzione che riguardavano esponenti della propria maggioranza e alla fine costretto alle dimissioni non dalla volontà popolare ma dall'azione dei mercati, abbattuto con le armi dello spread e del ribasso della quotazione dei titoli Mediaset.
Di fronte al precipitare della crisi economica e finanziaria italiana, ostinatamente negata per lungo tempo dalle destre,  per la quale si è arrivati ad intravvedere addirittura il fallimento dello Stato e la possibile incapacità di far fronte al proprio enorme debito pubblico, e alla messa in discussione della stessa moneta unica europea, sotto attacco della speculazione mondiale, il nuovo governo è stato affidato a Mario Monti, l'uomo scelto da Napolitano, dai poteri forti, dalle Banche, dagli organismi finanziari sovranazionali, dalle principali potenze occidentali.
Una destra tecnocratica e presentabile si è sostituita alla destra stracciona ed eversiva, ma pur convinto e consapevole, come tanti, che il nuovo governo non avrebbe rivolto la barra dell'azione politica in direzione delle esigenze dei ceti popolari, non ho mai avuto dubbi della necessità delle dimissioni di Berlusconi, perché questa era la condizione indispensabile per restituire, oltre ad un minimo di dignità internazionale al nostro Paese, alla discussione politica il ruolo che le è proprio: l'esame dei problemi del Paese e delle possibili soluzioni e non di essere espropriata dalle rivelazioni sui comportamenti personali, moralmente compromettenti e inadeguati ad un uomo di Stato, del Premier.
Nella consapevolezza che la fine di Berlusconi non avrebbe posto termine al berlusconismo e alla supremazia degli interessi di ben determinate oligarchie, non ho mai abbandonato la speranza dell'unità della sinistra e della costruzione di un'Alternativa a cui potessero fornire il proprio apporto i movimenti, i partiti dell'opposizione radicale, gli intellettuali.
Recuperando i valori della sinistra, gridando forte che parlare di rispetto reciproco e di regole condivise che non siano quelle costituzionali  tra le diverse forze politiche è solo un inganno retorico, prendendo consapevolezza della necessità di saper parlare e convincere le persone e di non concentrare tutti i propri sforzi in spesso sterili manifestazioni di piazza.
L'esito delle consultazioni amministrative con le sorprendenti e straordinarie vittorie di De Magistris a Napoli, Pisapia a Milano, Zedda a Cagliari e soprattutto il risultato dei referendum di giugno con il raggiungimento, come non succedeva da anni, del quorum e l'abrogazione delle leggi che prevedevano la scelta nucleare, la privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici locali, il trattamento ad personam in materia penale per Berlusconi aveva destato tante speranze e mostrato che non era solo un'utopia il progetto di un'Alternativa politica per il Paese.
Così come appariva particolarmente promettente l'azione della più anomala delle nuove amministrazioni, quella di De Magistris a Napoli, con rimarchevoli successi nella gestione dell'annoso problema dei rifiuti.
Ma l'evoluzione successiva alla caduta del governo Berlusconi con la maggiore forza di opposizione, il PD, che sceglieva di allearsi, come prevedibile e previsto, con le forze moderate e appoggiare il governo Monti, per porsi come affidabile interlocutore dei poteri forti anziché costruire, pur godendo del favore dei sondaggi, insieme ai partiti più radicali e attraverso nuove elezioni una effettiva svolta politica ha dimostrato la reale natura del partito di Bersani, D'Alema e Veltroni.

E il 2012 riparte subito con le 'riforme' del mercato del lavoro e con la truffaldina promessa della crescita, ormai illusoria e che non tiene conto della qualità della vita delle persone, e continuando ad ignorare i veri problemi italiani: le mafie, la corruzione, l'evasione fiscale.

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