"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

lunedì 12 marzo 2012

Il salvacondotto di Berlusconi



I 'complottisti' come me l'hanno sempre pensato, detto, scritto. Berlusconi non si sarebbe dimesso se non avesse avuto la garanzia (il salvacondotto) dell'impunità giudiziaria e dell'integrità delle sue proprietà e delle sue aziende. Una soluzione peraltro ammessa, prospettata od evocata da politici di livello nazionale: esplicitamente da Rocco Buttiglione dell'UDC e velatamente e ambiguamente da Massimo D'Alema del PD.
Una volta costretto a farsi da parte, non perché sconfitto alle elezioni, non perché travolto dall'indignazione popolare, non perché sfiduciato dal più impresentabile Parlamento della storia repubblicana, ma per le manovre al ribasso sulle quotazioni di Borsa dei titoli Mediaset (ultimo e decisivo atto della guerra mossagli da certi poteri forti, più internazionali che italiani), Berlusconi, tuttora decisivo con il suo partito per la sopravvivenza del governo in carica, incassa mano a mano, come nota sul Fatto Quotidiano Luca Telese, la contropartita di un patto scellerato.
I suoi processi e quelli dei suoi sodali (Mills) si concludono ad uno ad uno con la prescrizione, la Corte Costituzionale rigetta lo scomodo (anche se tutt'altro che condivisibile dal mio punto di vista) referendum elettorale che si proponeva di togliere alle segreterie dei partiti il potere di nominare i parlamentari, la Corte di Cassazione dell'ineffabile pg Iacoviello da ultimo cancella la sentenza di condanna per mafia di Marcello Dell'Utri (non un personaggio di secondo piano ma l'artefice e l'ispiratore del potere economico e politico berlusconiano) contestando il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, quello voluto da Falcone e Borsellino per colpire i colletti bianchi collusi con la criminalità organizzata. Coincidenze? Può darsi. In questi casi si usa dire che è necessario rispettare le sentenze della magistratura e che bisogna aspettare di poter leggerne le motivazioni. Di fatto, per chi ha un minimo di fiuto politico, è impossibile non sospettare con fondate ragioni che tutto ciò faccia parte di un determinato disegno in cui anche le supreme magistrature, la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, si adeguano al contesto politico ed al superiore interesse di affrontare le emergenze finanziarie.

Ora per Berlusconi restano il processo per il caso Ruby per il quale ci vorranno anni per arrivare ad una conclusione definitiva e che comunque è una storia di secondo piano e soprattutto il risarcimento da pagare a De Benedetti per la corruzione nel giudizio sul Lodo Mondadori di cui si avvantaggiò Mediaset.
Che l'aria tiri in un certo modo mi sembra l'abbia capito perfettamente anche il proprietario di Repubblica che, temendo gli esiti del prossimo giudizio della Corte di Cassazione sul risarcimento dovutogli, dopo i peana al Governo Monti ora si scopre nuovamente movimentista e plaude alle lotte in difesa dell'articolo 18 e contro la realizzazione della TAV in Val di Susa.
E per quanto riguarda le aziende di Berlusconi, così come per l'ICI alla Chiesa si è prodotto tanto fumo, in nome dell'equità e delle sacrosante richieste della pubblica opinione, ma poco arrosto, il rinvio del beauty contest (quello che assegnava gratuitamente le frequenze televisive agli attuali concessionari) puzza tanto di manovra dilatoria che non comporterà alcun onere rilevante per Mediaset e, in ogni caso, non è all'orizzonte alcuna legge antitrust riguardante il sistema televisivo né alcuna bonifica della Rai ammorbata dai partiti ed in particolare da quello di Berlusconi.
Dagli esiti delle pendenze giudiziarie di Berlusconi si possono, credo, trarre almeno due conclusioni.
Primo. Come si può pensare che Monti, anche se ne avesse le capacità e fosse sinceramente ispirato dalle migliori intenzioni, possa operare per trasformare positivamente il nostro Paese quando dipende da forze politiche che perseguono tutt'altro che il bene comune come PD, PDL e UDC? Monti, insieme a Napolitano, non è altro che l'esecutore e il garante di decisioni prese altrove e da altri (i grandi poteri finanziari internazionali, l'Europa di Merkel e Sarkozy, gli USA di Obama) e per realizzarle, conservando la fiducia del Parlamento, deve evitare di mettere mano ai grandi punti dolenti che riguardano l'Italia: corruzione, mafie, partitocrazia, ingerenze vaticane.
Secondo. Si dovrebbe smetterla di concepire la magistratura nel suo insieme come una delle parti sane del Paese. Nella magistratura vi sono stati o vi sono eroi che hanno perso la vita o che la rischiano per affermare la legalità e la verità. Ma l'istituzione magistratura nel suo complesso appare sempre più lo specchio fedele del nostro Paese: poche grandi eccellenze e una disarmante massa di burocrati e arrivisti, forti con i deboli e deboli con i forti.

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