"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

martedì 7 maggio 2013

Giancarlo Caselli: Giulio Andreotti è stato un mafioso


Giulio Andreotti non merita alcun minuto di silenzio. Non merita alcun cordoglio. Sig. Napolitano, non c'è da attendere alcun giudizio della storia: è sufficiente leggere la sentenza della Cassazione che sancì la non condannabilità di Andreotti per il reato di associazione mafiosa commesso fino al 1980 solo per intervenuta prescrizione. E' sufficiente ripercorrere le pagine più nere della storia italiana del dopoguerra – il golpe Borghese, la P2, Gladio, la strategia della tensione, lo scandalo Italcasse e lo scandalo Lokheed, il crack Sindona, il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro e della sua scorta, gli omicidi (e tra questi quelli di Piersanti Mattarella e del generale Dalla Chiesa) e le stragi di mafia, l'omicidio Pecorelli – nelle quali Giulio Andreotti restò 'invischiato' per comprenderne il ruolo politico e definirne la pretesa figura di statista.
Solo un'informazione in vendita al migliore offerente ed una casta politica – da Napolitano alla scialba Boldrini, da D'Alema a Berlusconi – tutta presa dalla difesa dei propri privilegi può indulgere nella difesa corporativa di un personaggio che per cinquant'anni ha occupato le istituzioni repubblicane unicamente in funzione del proprio potere personale e non certo del bene comune e le cui responsabilità e aberrazioni politiche sono conclamate.

Ha perfettamente ragione Pierferdinando Casini quando afferma: «Giulio Andreotti è stato la Democrazia Cristiana, pur non essendo stato mai segretario della Democrazia Cristiana. Andreotti – aggiunge Casini – è stato la politica. Ha condensato il bene e il male. Una personalità straordinaria. Uno statista internazionale conosciuto in tutto il mondo. Un cattolico vero. Un grande statista che ha sempre creduto nelle istituzioni». L'indegnità morale di Giulio Andreotti è l'espressione autentica dell'indegnità morale della Democrazia Cristiana: non sorprendiamoci che oggi gli italiani votino Berlusconi quando per cinquant'anni hanno votato un partito fondato sulla corruzione e sul clientelismo. E tutto ciò getta una luce torbida e inquietante su quel Partito Comunista berlingueriano che in Andreotti aveva un interlocutore privilegiato.
L'indegnità morale di Andreotti, la cui figura viene esaltata nei messaggi di cordoglio di Bagnasco e Ruini, definisce altresì inequivocabilmente ciò che per la Chiesa cattolica italiana e per il Vaticano, che l'ebbero quale strategico referente politico, rappresentano il bene e il male.
Il minuto di silenzio che indegnamente il CONI di Giovanni Malagò ha promosso in tutte le manifestazioni sportive per tutta la settimana per ricordare la figura di Andreotti mi auguro che sia interrotto da fischi e grida.



1 commento:

  1. mi fa schifo - se prima comamndava lui ora comandi tu

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