"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

mercoledì 2 ottobre 2013

Perché il PD ha bisogno della destra populista per governare

Grillo e Berlusconi vs. Napolitano secondo Luca Peruzzi

Si può provare a dare un senso logico alle convulsioni politiche di questi ultimi giorni? Un senso logico che vada cioè oltre la facciata che viene mostrata dai maggiori organi di informazione e nelle dichiarazioni dei maggiordomi di partito nell'orgia dei talk show trasmessi senza sosta dalle televisioni: la ridicola denuncia del golpe giustizialista da parte dei berlusconiani, l'indignazione dell'area PD-Napolitano-Repubblica per il venir meno al 'senso di responsabilità' di Berlusconi, la scontata denuncia di tutti gli osservatori di buon senso dell'ipocrisia del PD che vuol far credere di aver scoperto solo oggi la natura del partito personale di Berlusconi fino all'apparente scissione del PDL che sorprendentemente riguarda non qualche decina di 'peones' mossi dalla volontà di conservare la cadrega ma 'pezzi da novanta' (ovviamente si fa per dire) del partito come Alfano, Lupi e Cicchitto.
Il punto di partenza credo debba essere costituito da quelle che erano le motivazioni vere delle larghe intese e della rielezione di Napolitano: completare quel processo di ristrutturazione capitalista imposto dalla troika (proseguire nella cancellazione dello Stato sociale, nell'annientamento dei diritti dei lavoratori, nella svendita del patrimonio pubblico), sostenerlo con una riforma costituzionale in senso presidenzialista per dare ad istituzioni sempre più in crisi di legittimazione popolare la forza per controllare in modo autoritario tensioni sociali altrimenti destinate a deflagrare da un momento all'altro e tutto ciò in cambio dell'impunità per Berlusconi.

Questo patto (in cui Berlusconi si aspettava di passare sostanzialmente indenne attraverso i tanti processi che lo riguardano) è stato evidentemente rotto dalle sentenze definitive che hanno colpito Berlusconi (la condanna per evasione fiscale, l'entità del risarcimento per il lodo Mondadori). Può darsi che stringendo quell'accordo il PD e Napolitano nascondessero la convinzione che Berlusconi si sarebbe comunque autoestinto in modo indolore, può darsi che l'estromissione del padrone di Mediaset – da sempre considerato un elemento di disturbo in vista del dispiegamento dei propri disegni - sia stata decisa dai grandi poteri sovranazionali che spadroneggiano in Italia, può darsi che ci sia trovati di fronte ad un incidente di percorso (qualche magistrato che decide secondo coscienza si può sempre trovare … ) al quale diventava difficile trovare rimedio, almeno in tempi brevi, secondo le regole di uno Stato di diritto e sotto i riflettori dell'opinione pubblica.
La cosa più scontata, ragionando in termini di meri interessi elettorali di partito, sarebbe per il PD precipitarsi alle elezioni, addossare ad un Berlusconi impresentabile, di fatto e di diritto, la responsabilità della crisi e delle iatture finanziarie dell'Italia, puntare sul rampante Renzi, tutto marketing e liberismo, per ottenere per la sua coalizione la maggioranza con cui governare da solo.
Ma se il PD fosse mosso dall'aspirazione di imporre la propria guida al Paese, come un qualunque partito del pur fallimentare riformismo europeo, lo avrebbe fatto già nel 2011 senza percorrere la distruttiva esperienza Monti e nelle elezioni del 2013 avrebbe imbarcato tutta una serie di 'volenterosi' (Diliberto, i verdi di Bonelli, Di Pietro) o tentato l'accordo con Rivoluzione Civile per ottenere per la propria coalizione la maggioranza assoluta in Parlamento.
Il problema però è appunto è che se il tuo compito è quello di realizzare il programma della troika e cambiare a tal fine la Costituzione non puoi farlo dovendo fare i conti con elementi in qualche modo 'di disturbo' e dovendo giocare contemporaneamente contro il radicalismo di Grillo da un lato e la destra populista dall'altro (e, non si sa mai, dover fronteggiare magari anche un'opposizione sociale e di sinistra degna di questo nome).
Dunque al PD, ormai palesemente ridotto a mero portavoce ed esecutore degli interessi del grande capitale internazionale, è indispensabile l'alleanza con la destra populista per poter governare.
Perché l'Italia, è banale dirlo ma è sempre utile ricordarlo, non è certo la Germania: quell'Italia vasta e profonda del nero, della corruzione, dell'evasione fiscale, della contiguità con la malavita, del capitalismo arrembante e cialtrone, del razzismo e anticomunismo viscerale non può certo essere rappresentata dalla destra istituzionalizzata di un Monti o Casini o Fini o tantomeno è pensabile possa essere assorbita da un PD pur in decisa virata verso destra.
Quel populismo becero, razzista, liberista a giorni alterni, anticomunista ha trovato le proprie naturali espressioni politiche, una volta archiviato il CAF di Craxi Andreotti e Forlani, in Berlusconi e nella Lega (e se vogliamo in parte ora anche nel Movimento 5 Stelle).
Per come è strutturata la società italiana non può esistere un governo espressione del potere capitalista senza i voti della destra populista.
Sta qui l'arma di ricatto di Berlusconi (ammesso che non ne abbia altre di carattere personale come dossier o informazioni segrete) che induce a pensare che con lui il PD e Napolitano dovranno venire a patti.
E l'amnistia evocata da Napolitano prendendo a pretesto il sovraffollamento delle carceri (problema che potrebbe essere risolto depenalizzando i reati che ingolfano inutilmente celle e tribunali come quelli legati al consumo di droga e all'immigrazione clandestina) farebbe esattamente al caso rappresentando un condono tombale per tutte le malefatte di Berlusconi.
Se è vera la scissione del PDL (perché se invece fosse una sceneggiata il PDL riuscirebbe nell'impresa di tenere i piedi nel governo e contemporaneamente sventolare la bandiera dell'opposizione) e dunque se per Berlusconi è arrivato davvero il capolinea dell'esperienza politica è arduo pensare che gli Alfano, i Giovanardi, i Lupi, i Quagliarello possano occuparne lo spazio elettorale. Tradizionalmente le scissioni parlamentari e i ribaltoni non hanno mai prodotto veri spostamenti di consenso popolare: quel vuoto politico lasciato da Berlusconi, la rappresentanza del pezzo più deteriore della società italiana sarà preso da qualcun altro.
Il governicchio Letta potrà avere i voti per restare in sella qualche altro mese ma non potrà proseguire nelle sue politiche antipopolari avendo contro ad un tempo Grillo e Berlusconi (o chi per lui) e, si spera!, non potrà cambiare la Costituzione.
Ciò che ci aspetta dunque è un nuovo riallargamento a breve della maggioranza verso destra (con o senza nuove elezioni) oppure il dispiegamento totalizzante delle ricette della troika, con gli emissari di BCE, FMI e Commissione Europea a scrivere direttamente manovre di bilancio e leggi finanziarie senza più nemmeno l'ipocrita finzione di una formale sovranità del governo italiano.
Da ultimo bisogna ricordare quanto affermava Napolitano nel suo messaggio alle Camere dopo la rielezione a Presidente della Repubblica "Ma ho il dovere di essere franco : se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese. ". Ecco, in un Paese dove le Istituzioni avvertissero il senso della decenza e della dignità (che è cosa ben diversa dal formalismo bigotto della Boldrini) e sentissero il dovere etico di dar seguito alle parole date Napolitano, di fronte alla palese negazione delle condizioni che aveva posto per la sua rielezione, dovrebbe immediatamente dimettersi. Ma qui siamo nel campo della fantapolitica: come dire che il PD è un partito di sinistra che ha a cuore gli interessi popolari e che Berlusconi è un perseguitato dai giudici comunisti.




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