Il
progetto di una lista unitaria della Sinistra Italiana a sostegno
della candidatura di Tsipras alla Presidenza della Commissione
Europea da un lato raccoglie consensi crescenti e adesioni
trasversali, dall'altro sembra dover riprodurre le divisioni di
sempre della Sinistra (già viste tra l'altro in occasione
dell'avventura sfortunata di Rivoluzione Civile): tra chi considera
troppo timida l'identificazione nelle posizioni di Tsipras
sull'Europa, chi pensa debba essere solo un'unione dei
comunisti (peraltro essi stessi profondamente divisi tra di
loro), chi ritiene che debba essere espressione della cosiddetta
'società civile' (Barbara
Spinelli e Paolo
Flores d'Arcais) e lasciare ai margini i partiti di sinistra
esistenti (Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani).
Con
l'aggiunta dei rischi sempre incombenti di affidarsi alla scorciatoia
del momento elettorale e della personalizzazione leaderistica (questa
volta puntando, per mettere tutti d'accordo, su di una personalità
straniera estranea alle beghe politiche italiane) per non impegnarsi
a colmare le carenze di elaborazione politica e di radicamento nella
società o che qualcuno metta a disposizione la propria adesione
unicamente con l'obiettivo di boicottare il progetto.
Ora
l'idea di riunire tutte le anime – comuni cittadini, partiti,
movimenti, associazioni, intellettuali – che compongono l'area
della Sinistra alternativa alle destre e al Partito Democratico, cioè
di coloro che sono subalterni alla dittatura del capitalismo
liberista e ai diktat della Troka, è cosa non solo necessaria ma
anche possibile se si seguono i lumi della ragione. Se cioè si
riesce a far prevalere ciò che unisce (il comune sistema di valori
fondato sull'uguaglianza e sulla liberazione dal bisogno, i ceti
sociali che si vogliono rappresentare, un modello di società
alternativo a quello esistente) su ciò che divide (le specifiche
soluzioni e le tattiche/strategie ritenute utili a cambiare l'Italia)
e se si riesce ad avere la capacità di includere e non di escludere.