"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

martedì 10 febbraio 2015

Euro: Grecia e Unione Europea preparano la guerra (finanziaria)


La rappresaglia tedesca

Guardando alle mosse della Grecia di Syriza, delle istituzioni tecnocratiche dell'Unione Europea (BCE, Commissione Europea) e delle Nazioni che vi rivestono un ruolo dominante (la Germania in particolare) più che ad una partita a scacchi sembra di assistere ai frenetici preparativi di una guerra (finanziaria) destinata ad esplodere tra non molto.
Come scrive Contropiano non sembra esserci alcuna possibilità di mediazione anche se, se si volesse agire secondo logica e avendo quale stella polare i valori sociali sui quali si fonda la civiltà umana (ed europea), esisterebbero delle vie di uscita: allungare con ragionevolezza i tempi di restituzione del debito greco, finanziare con le risorse comunitarie (ma anche con il contributo dei Paesi che grazie all'euro ottengono surplus nella bilancia commerciale) investimenti produttivi e spese sociali per restituire alla popolazione greca condizioni dignitose di vita, consentire l'intervento pubblico nell'economia (ciò che è bollato come aiuto di Stato) per riattivare sistemi produttivi che altrimenti non hanno la forza di rialzarsi e svilupparsi, agire per compensare gli squilibri commerciali intraeuropei.
Non esiste possibilità di mediazione perché l'Unione Europea (il grande capitale internazionale, la Germania) non è disposta ad abbandonare i dogmi liberisti. E dunque le armi in mano alla Grecia (la minaccia del ripudio unilaterale del debito) diventano armi spuntate perché per quell'uno per cento che domina il mondo, ed anche l'Europa, il pericolo più grande non è l'inesigibilità dei crediti ma che sia possibile dimostrare che può esistere un'alternativa al liberismo in grado di avere successo e migliorare le condizioni di vita di gran parte dei cittadini. E dunque per costoro la “ribellione” greca dovrà essere duramente punita e la Grecia gettata nel caos per dare l'esempio a chi (la Spagna, l'Irlanda, il Portogallo) pensasse di poterne imitare l'esempio. Esiste inoltre la possibilità (e la tentazione), come avvertono alcuni osservatori, che la Germania possa utilizzare la Grecia per liberarsi della moneta unica europea.
In realtà l'esito di questa guerra non è così scontato. Varoufakis e Tsipras hanno mostrato di sapersi muovere in una logica di guerriglia finanziaria, i tempi tecnici e l'esito di un contenzioso internazionale derivante da un'espulsione unilaterale della Grecia dall'euro e dall'Unione Europea sono tutt'altro che prevedibili, le centinaia di miliardi di euro del debito greco che rischiano di volatizzarsi per i finanziatori (BCE, Stati membri dell'Unione Europea) non sono noccioline per un'economia europea che a fatica sta tentando di rialzarsi dalla crisi globale.

Dovrebbe essere chiaro a tutti che la vittoria della Grecia e di Syrizia, imponendo la rinuncia ad un liberismo selvaggio e ad una austerità deleteria e feroce, andrebbe a vantaggio dei ceti popolari di tutta Europa ed anche di quelli italiani: chi vorrebbe mettere in cattiva luce la lotta dei nostri fratelli greci evidenziando il rischio della mancata restituzione all'Italia di una parte del debito greco vi sta ingannando. Ciò che è realmente importante per la vita delle persone non sono le alchimie finanziarie, quel debito che potrebbe essere agevolmente riassorbito attribuendo alla BCE il ruolo di prestatore di ultima istanza, ma le conseguenze della riduzione della spesa e degli investimenti pubblici, la cancellazione dei diritti, lo smantellamento dello Stato sociale. E' anzi indispensabile la mobilitazione delle sinistre e dei sindacati europei a fianco della Grecia contro i diktat della Troika e su questo c'è ancora troppo silenzio e troppa passività.
Il vero rischio per la Grecia – un Paese distrutto come se fosse uscito da una guerra, dove vengono negati i diritti essenziali quali cibo, assistenza sanitaria, casa, acqua, energia elettrica, dove è esploso il numero dei suicidi - non è il caos finanzario interno (descritto ad esempio da Rampini) ma quello, stante la propria debolezza economica (senza una struttura industriale competitiva, senza risorse naturali da esportare), di non poter più avere credito dai propri partner commerciali internazionali per acquistare i beni essenziali: cibo, energia, materie prime, medicine.
In questo ambito l'unica via di uscita, da raggiungere il più presto possibile, appare quella di ottenere il sostegno (il credito) dei BRICS e di Cina e Russia in particolare. Una strada comunque da percorrere con prudenza per non trovarsi quale irriducibile nemico oltre la Germania della Merkel anche gli USA di Obama e che presenta ostacoli non trascurabili: quanto potrà e vorrà la Russia, fiaccata dalle sanzioni e dal crollo del prezzo del petrolio, finanziare la Grecia che è il nemico storico di quella Turchia con la quale mantiene un rapporto privilegiato?
Un'ultima riflessione infine sulla suggestione del sovranismo e dell'uscita dall'euro quali bandiere da sventolare per una nuova Sinistra che voglia riconquistare le masse popolari. Syriza ha vinto le elezioni con un programma finalizzato a rendere possibile per la Grecia la permanenza nell'euro: il futuro prossimo ci dirà se questo sarà possibile ma già ora appare chiaro che difficilmente si sarebbe ottenuta la maggioranza degli elettori, pur in un Paese devastato dall'austerità, indicando esplicitamente la via del ritorno alla moneta nazionale. Per quanto riguarda il sovranismo probabilmente si fa confusione tra interesse nazionale (che è cosa da difendere e perseguire conciliandolo con gli interessi più specificamente locali e regionali e quelli più estesi europei e mondiali) con l'autosufficienza di una singola Nazione. Proprio l'esempio della Grecia ci mostra quanto sia anacronistica l'idea di poter fronteggiare i problemi che si hanno di fronte in una dimensione essenzialmente nazionale: il destino dei nostri fratelli ellenici è legato alle scelte politiche adottate dall'Unione Europea, alla capacità di trovare il sostegno di nuovi alleati, al bisogno della mobilitazione dei sindacati e partiti fratelli nel resto dell'Europa, alla possibilità di essere oggetto di trame destabilizzatrici da parte di potenze straniere, al raggiungimento di un equilibrio tra importazioni ed esportazioni nel commercio con l'estero ed il tutto in un quadro di finanza ed economia globale e di problemi aventi una dimensione globale quali la pace e la guerra, l'immigrazione, l'energia, il riscaldamento climatico.

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