"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

sabato 7 marzo 2015

Francesco Totti, il ragionier Casoria e il comune senso del pudore




Ricordate quel pezzo del film "La Banda degli Onesti" in cui Totò spiega, a modo suo, a Peppino De Filippo come funziona il capitalismo identificato nel ragionier Casoria, l'amministratore di condominio "speculatore e approfittatore"?


 

A me l'ha fatto tornare alla mente la notizia del palazzo di Totti affittato a prezzi incredibili al Comune di Roma, attraverso Luca Odevaine uno dei protagonisti della vicenda di Mafia Capitale, per l'alloggio degli sfrattati.

L'affare concluso in danno del pubblico denaro e dunque della collettività è stato considerato non rilevante dal punto di vista penale (che è comunque ambito che qui non ci interessa) ed è l'ennesima storia dei cosiddetti VIP pizzicati in comportamenti quantomeno border line: i conti segreti in Svizzera di Gino Paoli e di quelli della lista Falciani, Sabrina Guzzanti e David Riondino che affidavano i propri ricchi risparmi a Gianfranco Lande, già vicino ad ambienti neofascisti e poi rivelatosi un truffatore (il Madoff dei Parioli), Daniele De Rossi che chiede "assistenza legale" ad uno dei boss di Mafia Capitale,  i tanti campioni dello sport inquisiti e condannati per frode fiscale e l'elenco potrebbe essere lunghissimo.
Il punto è che qui non si tratta di industriali e finanzieri (i 66 milioni di euro percepiti da Marchionne nel 2014) il cui unico scopo nella vita è l'accumulazione di ricchezza o di qualcuno dei "mostri" senza reputazione che popola la nostra vita pubblica ma di personaggi, magari anche impegnati sul piano sociale o politico o comunque impeccabili nell'immagine professionale, baciati dalla vita e dalla fortuna per il proprio talento (artistico o sportivo) che già guadagnano in un mese quanto un comune mortale in una vita intera e che hanno già accumulato talmente tanta ricchezza da poter garantire un'esistenza agiata a sé, ai propri figli e ai propri nipoti anche se da domani non guadagnassero più un centesimo.
Perché allora tanta avidità anche in chi potrebbe permettersi il "lusso" dell'onestà e della correttezza in ogni occasione? Può darsi che sia sempre stato così (pecunia non olet, il denaro non ha odore, dicevano i latini): più si hanno soldi e più se ne vogliono; si diventa ricchi perché si è avidi o si diventa avidi quando si è ricchi?
La mia impressione però è che siano stati rotti tutti gli argini morali e del comune senso del pudore. Che cioè sia stato interiorizzato nel senso comune che esiste un unico comandamento che si deve rispettare ad ogni costo: arricchitevi! E che questo porti i ricchi a non tenere in alcuna considerazione come stanno impiegando i propri soldi, a quali fini, con quali conseguenze, con quali mezzi e violando quali regole (morali o penali) stanno cercando di ottenere sempre più guadagni.

"E adesso secondo lei cosa farà?" chiede Totò a Peppino evocando l'accumulazione capitalistica con i cucchiaini di zucchero che continua a mettere nel caffè. "Prima o poi si fermerà" risponde Peppino. "Lei dice così perché è un galantuomo e invece il capitalista continua, continua sempre".


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