"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 27 febbraio 2015

Ebbene lo confesso: sono un landiniano




Domenica leggendo l'intervista a Maurizio Landini su Il Fatto Quotidiano (quella sull'impegno politico) avevo manifestato la mia impazienza rispetto all'ennesimo annuncio dell'avvio di un percorso politico che però, nonostante la drammatica situazione italiana, ancora non ha visto la luce. Non mi sembrava infatti che in quell'intervista ci fosse alcuna novità rispetto a quanto Landini va dicendo da tempo (la volontà di contribuire all'organizzazione di una rete o coalizione sociale); e se i commenti isterici e infantili di Renzi e dei suoi accoliti sul supposto partito del leader della Fiom mi avevano fatto sorgere il dubbio di averla male interpretata, le successive precisazioni di Landini hanno confermato la mia lettura (e dunque la mia impazienza).
La realtà è che nei confronti di Maurizio Landini vi sono così tante aspettative e speranze perché all'orizzonte della Sinistra italiana non si vede nessun altro che abbia - come il segretario della Fiom - carisma, credibilità, popolarità, capacità comunicative tali da farne il potenziale catalizzatore della ricostruzione dell'Alternativa progressista.
Non è, per quanto mi riguarda, l'attesa dell'uomo della provvidenza o il chinarsi alla mitologia del capo (il leader a cui penso è anzitutto un portavoce e un simbolo che riporta all'esterno le deliberazioni assunte democraticamente da un corpo collettivo). Ma si tratta di prendere realisticamente atto che non esiste un popolo (tanto meno il popolo italiano opportunista, ignavo, amorale, sottoposto per di più al bombardamento ininterrotto del pensiero unico capitalista condotto attraverso i media) capace di darsi spontaneamente un'organizzazione ed una rappresentanza politica. Esistono i sentimenti, i valori, i bisogni, i desideri di un popolo a cui solo un progetto, efficace e razionale, messo in atto da un ristretto gruppo di persone può dare consapevolezza e voce e fare emergere in un soggetto politico organizzato. E qui contano la comunicazione, le strategie, la struttura organizzativa, la qualità e la credibilità del ceto dirigente, il ruolo stesso del leader, la funzione educatrice dei militanti e il carattere contagioso che assume un progetto politico quando diventa riconoscibile fenomeno di massa. E d'altra parte, quando parliamo di Alternativa di Sinistra, nessuna strategia, nessun programma, nessuna organizzazione, nessun leader può portare a qualche risultato se non ha dietro una vasta mobilitazione popolare.
La storia, anche recente, dei partiti e dei movimenti politici ci consegna questi dati di fatto.

sabato 21 febbraio 2015

Angelino Alfano, Ministro, segni particolari: Inetto e Incapace




Di fronte alle minacce vere o supposte che gravano sui destini di questo Paese - mafie, terrorismi, migrazioni bibliche dal Terzo Mondo, rom, manifestanti vari, comitatini, no tav - constatare che la sicurezza nazionale è nelle mani di Angelino Alfano, l'uomo "senza quid" secondo Berlusconi (tradotto in termini comprensibili: una nullità politica), non dovrebbe far dormire a nessuno sonni tranquilli. Anche perché costui ha il compito istituzionale di sovrintendere alla regolarità delle consultazioni elettorali.
Se davvero i guerrieri dell'Isis decidesse di far abbeverare i propri cammelli alle fontane di Piazza San Pietro le nostre Autorità svolgerebbero il ruolo di inerti e passivi spettatori. Salvo poi, il giorno dopo, Ministri Prefetti e Questori invocare Daspo internazionali (quanto è fico citare 'sto Daspo: lo faceva pure Renzi riferendosi a corrotti e corruttori mentre scriveva personalmente l'ennesimo condono su falso in bilancio ed evasione fiscale), deprecare le norme europee, giustificarsi con l'alibi di aver evitato il peggio.
La storia politica di Angelino Alfano (non solo, ad essere onesti, quella di Angelino Alfano) è emblematica dell'abisso morale in cui è precipitata l'Italia: cresciuto nel vivaio politico siciliano con annesse e immancabili ambigue frequentazioni, Ministro della Giustizia di Berlusconi perché considerato leale esecutore dal capo (e autore di uno dei famigerati Lodi "tana libera tutti", firmati immancabilmente da Napolitano e cassati perché illegittimi dalla Corte Costituzionale), delfino per finta del padrone di Forza Italia e poi scissionista insieme ad emeriti personaggi come Formigoni, Giovanardi e Sacconi a sostegno provvidenziale, per volontà di chissà quali oscuri poteri occulti, dei governi Letta e Renzi, scivolato - come si ricorda sul blog di Beppe Grillo - da responsabile degli Interni, mettendo insieme in un mix letale arroganza ed incompetenza, su di una serie infinita di bucce di banana.

venerdì 20 febbraio 2015

La Rivoluzione Greca non è un pranzo di gala


Eurogruppo by Luca Peruzzi


L'entrata a piedi uniti, minacciosa ed intimidatoria, degli Stati Uniti nella crisi greca e verso il tentativo di Syriza di smarcarsi dall'austerità ("immediate difficoltà" in caso di mancato accordo con l'Europa) mostra chiaramente l'importanza di ciò che si sta giocando sui tavoli dell'Unione Europea e cioè la tenuta del sistema finanziario internazionale unito all'effetto collaterale del possibile passaggio della Grecia, alla ricerca di prestiti, sotto l'orbita russa o cinese.
Il fatto che sia sufficiente l'inceppamento del piccolo ingranaggio greco (il 3 per cento del PIL europeo) per mettere in crisi un intero sistema dimostra quanto sia folle, irrazionale e costruito sulla sabbia l'edificio "finanzcapitalista" (per richiamare la definizione di Luciano Gallino) dell'economia mondiale.
Nei confronti di Syriza vi è ora, nel popolo della Sinistra, o l'attesa messianica degli eroi rivoluzionari che ci libereranno tutti oppure lo scetticismo prevenuto di chi non aspetta altro che un cedimento per poter dire che l'aveva previsto e che il progetto di Tsipras era già sbagliato in partenza per l'eccessiva disponibilità al dialogo e alla mediazione ("l'irriformabilità delle Istituzioni europee" da mettere subito sul tavolo). Due sentimenti ugualmente sbagliati: a Syriza va concessa fiducia per la lucidità e l'efficacia con cui ha condotto il suo percorso di lotta e per la costruzione di un'Alternativa e per la schiena dritta che ha dimostrato fin dai primi incontri con gli aguzzini dell'Unione Europea, nel contempo non possiamo pensare in Italia che sarà il successo di Syriza a togliere le castagne dal fuoco ad una Sinistra che non riesce a riconquistare centralità politica e sociale. Un atteggiamento quest'ultimo - la passiva attesa delle mosse dei compagni greci -estremamente rischioso perché nel caso di un loro insuccesso - la catastrofe economica o la resa alla Troika - trascinerebbe con sé nel baratro anche le speranze dei movimenti fratelli di tanta parte dell'Europa.
E' stato detto che Syriza ha bisogno di tempo perché la Grecia ha un'economia debolissima ulteriormente massacrata dall'austerità della troika, perché non ha pozzi di petrolio o miniere da nazionalizzare e con i cui proventi finanziare importazioni e spesa sociale.
Il rifiuto dell'avventurismo, di condannare il proprio popolo ad altre sofferenze, di far entrare la Grecia nel mirino delle trame destabilizzatrici degli amerikani, la disponibilità alla mediazione e alla politica del passo dopo passo, indispensabile oggi quando ancora bisogna trovare le risorse per restituire dignitose condizioni di vita a milioni di persone non possono esser fatte passare per debolezza o per una propensione parolaia in stile renziano.
Questo, nei confronti di Syriza, è il momento della fiducia e della mobilitazione solidale che non deve escludere però l'attenta analisi di ogni mossa e contromossa. 
Per un giudizio complessivo e per trarre le dovute conseguenze politiche aspettiamo almeno qualche mese.

giovedì 19 febbraio 2015

VEDERE UN MONDO ALTRO … DIFFICILE PER I MIOPI!

di giandiego

Mi rifaccio ai molti articoli usciti ultimamente che parlano della credibilità a sinistra, quello che ormai i dirigenti attuali (tutti chi più chi meno) hanno perso sull'altare di mille compromessi di anni passati all'insegna del meno peggio, dell'emendamento del possibile della difesa degli ultimi rimasugli inutili della cenere di un'area storica.

Non posso che essere d'accordo con coloro che sostengono che l'alternativa debba essere “rappresentata” da figure diverse da quelle che hanno cavalcato mille asini diversi pur di entrare in Gerusalemme.

In questo senso l'arroganza, l'onnipresenza ed il peso specifico dei leader attuali dell'area è oggettivamente un ostacolo alla crescita di questo nuovo che urge. Un ostacolo rappresentato anche dalla loro personalissima sclerosi, dalla personale difesa dei propri, personalissimi privilegi, delle propri rendite di posizione.

Ogni qualvolta il riferimento cada sulle loro nefandezze e sui loro compromessi la credibilità di qualsivoglia processo subisce un colpo, difficile da assorbire e recuperare.

Eppure la nostra ricerca continua a soffermarsi su di loro, quasi che il nostro cervello fosse in un loop irrecuperabile.

Questo non significa affatto privare una moltitudine di brave e degne persone dei loro riferimenti quarantennali, sono davvero moltissimi coloro che in buona fede hanno continuato a frequentare le stanze in cui si faceva quel che si poteva fare, con le poche forze, fisiche , materiali ed economiche che erano rimaste. Non è di loro che sto parlando ed è, per contro, proprio a loro che mi rivolgo, anche se non esclusivamente.

Sfatiamo la mitologia di u o stuolo di persone di sinistra abbarbicate alle rendite di posizione di cui stiamo parlando, è un falso! Che comoda forse alle anime più destorse del M5S, ma che non corrisponde alla realtà, a meno di non riferirsi al PD, che sinistra non è più … da tempo ed alle sue componenti vagamente, fantasiosamente e strumentalmente sinistorse, che hanno però dimostrato a più riprese di esserlo solo nominalmente e strumentalmente.

Coloro che riescono, mantenendo un profilo realmente, anche se moderatamente alternativo al sistema a mantenere le propri rendite di posizione sono, a sinistra, una nettissima minoranza, sebbene presente sia nelle strutture politiche che sindacali.

Il reale problema è che è, in un modo o nell'altro, proprio questa minoranza a veicolare, trasmettere e gestire le scelte ed anche le istanze di cambiamento nonostante i mille tentavi di circolarità ed orizzontalità, banalmente perchè ha tempo, perchè fa quello di mestiere e viene remunerata per farlo, perchè ha la possibilità di presenziare e di avere un polso costante della realtà dei movimenti e del paese intero, perchè ha la possibilità concreta di viaggiare, di seguire le velleità itineranti che sembrano essere connaturate nelle istanze di novità e cambiamento in questo disgraziato paese.

La domanda seguente è semplice: Questa minoranza (molto autoreferente) rappresenta realmente lo stato della sinistra italiana? Ed anche ammesso che la rappresenti, possiede, nei suoi componenti individuali, la credibilità personale necessaria, indispensabile per allargare, ampliare e coinvolgere anche chi, disperatamente si è rifugiato nella riserva indiane del non voto o peggio ha venduto l'anima a Grillo, perchè di meno peggio in meno peggio, ci si ritrova ad essere qualunquisti?

Forse no! Visto quello che abbiamo accumulato sino ad ora, considerati gli enormi ritardi, i numerosi fallimenti, gli innumerevoli personalismi ed il numero mostruoso di tentativi di aggregazione in atto nel paese.

La volontà unitaria è cosa di cui molto si parla, di cui altrettanto si vocifera, che viene individuata come necessità assoluta, da tutti, ma che diviene un miraggio morganatico, un obbiettivo difficile, lontano, irraggiungibile, non appena ritornino in campo “gli addetti ai lavori”.

Abbiamo una discreta collezione di intellettuali conseguenti, per quelli abbiamo sempre avuto sovrabbondanza, legati ora a questa ora a quell'ipotesi che si esibiscono in tesi ed antitesi, in mozioni e contro-mozioni e, mentre tutti dichiarano la necessità storica ed assoluta d'un comportamento unitario si studiano gli anfratti dentro ai quali infilarsi per rendere sempre più complesso questo processo.

Fra fazioni che vogliono mantenere il proprio nome e la propria natura, altre che suggeriscono coordinamenti multi-tessera e multi-partici, altri ancora che in nome dell'orizzontalità e della circolarità sono disposti a bocciare qualsiasi iniziativa, che, a loro indiscutibile ed inconfutabile parere non corrisponda a queste caratteristiche.

Perdendosi in sofismi di purezza e di metodologia che si acculuano su un piatto ancora del tutto vuoto di contenuti reali.

Forse è tristemente vero che è il bisogno e la disperazione a stimolare la creatività ed il realismo e forse, oltre ad una certa quantità di coraggio e di coscienza in più è proprio questo che avvantaggia oggettivamente i compagni greci e spagnoli.

Forse la nostra cecità ad un mondo altro nasce dal fatto che, tutto sommato, noi stiamo ancora troppo bene e siamo ancora in balia della società dei consumi e delle illusioni o forse ci hanno solo mortalmente ma efficientemente illusi di esserlo.

Quello che è certo resta il dato di quanto sia difficile, complesso e decisamente improbo far passare le iniziative e le istanze di solidarietà, di mutualità, di comunità, di circolarità ed orrizzontalità, di partecipazione attiva che hanno costituito il successo di Syriza e di quanto sia mitico ed improbabile ottenere la mobilitazione, la partecipazione e l'assemblearità produttiva e creativa di Podemos o Ganemos o anche solo la determinazione ed il pragmatismo positivo di Izquierda Unida.

Finisco, anche controllando il mio estremismo, mettendo a tacere le mie istanze di purezza resta il fatto che per avere credibilità si debba essere, personalmente credibili, dimostrare di essere quello di cui si parla, ma questo è stato ripetuto sino alla noia e sta diventando un luogo comune.

La credibilità sicuramente si conquista nei fatti, le chiacchiere servono solo a mantenere lo status quo, il cambiamento vuole azioni, fede e visione, per questo è faticoso, sebbene oggi si tenti anche di farlo apparire laborioso e ferraginoso ed è forse questo che difetta alla sinistra made in Italy.

Per i miopi è, notoriamente difficile guardare lontano!

venerdì 13 febbraio 2015

Renzi: arrogante bullo in Italia, insignificante e irrilevante in Europa


Renzi, bullo di periferia by Luca Peruzzi

I principali fatti di questi giorni - la mattanza dei migranti nel Mediterraneo, la trattativa sull'Ucraina e quella sulla Grecia - rivelano, tra le altre cose, il carattere ridicolo e cialtronesco della politica estera di Renzi e quanto sia irrilevante ed insignificante il suo ruolo in Europa.

I migranti continuano a morire a centinaia in mare nel disperato tentativo, spinti dalla guerra e dalla fame e vittime di criminali trafficanti di esseri umani, di raggiungere le coste italiane. Si tratta di una questione che colpisce, sul piano etico e su quello del dovere di soccorso e di assistenza, anzitutto il nostro Paese ma che dovrebbe diventare, come detto da tutti milioni di volte, una questione europea (in termini di mezzi, di risorse, di uomini e di donne da impiegare nelle operazioni di soccorso e, soprattutto, di politiche comuni che riescano a rimuovere le cause che spingono tante persone a rischiare la morte pur di fuggire da un'esistenza disperata e tragica). Risultati di Renzi sul coinvolgimento dell'Europa: nessuno.

L'Italia è tra le prime tre-quattro economie più importanti dell'Europa ma i propri specifici interessi nazionali non trovano alcun riconoscimento nell'ambito dell'Unione: sul debito pubblico, sulla fine dell'austerità, sulla compensazione degli squilibri commerciali intraeuropei, sulla necessità di difendere il nostro sistema produttivo nell'industria e nei servizi. Anche da questo punto di vista l'azione di Renzi è un totale fallimento: il semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea, annunciato dai media come un evento epocale che avrebbe segnato i destini del mondo, non ha portato alcun risultato salvo la blanda tolleranza delle Istituzioni comunitarie rispetto all'occultamento dello sforamento italiano dei parametri del bilancio pubblico. Tsipras e Syriza alla guida di un Paese economicamente debolissimo (il 3 per cento del PIL europeo) hanno dimostrato, quando si ha la volontà e la capacità di farlo, come si riesce a far ascoltare le proprie ragioni. Evidentemente l'esito di questa trattativa (guerra) è totalmente incerto ma la differenza tra chi fa sul serio (Tsipras e Varoufakis) e chi è solo un ridicolo parolaio (Renzi) è emersa in modo eclatante.

Crisi ucraina: di fronte al pericolo tangibile di una escalation militare nel cuore dell'Europa e, comunque, di fronte ai rilevanti danni economici conseguenti alle sanzioni contro la Russia, Germania e Francia (la Merkel e Hollande) hanno buttato all'aria la retorica della politica estera comune dell'Unione Europea ed hanno preso direttamente in mano la questione sedendosi personalmente al tavolo della trattativa con Putin e Poroshenko. Ruolo dell'Italia e di Renzi: inesistente. La Mogherini, la cui nomina ad l'Alto Commissario alla Politica Estera dell'Unione era stata spacciata da Renzi per un grande successo nazionale, ridotta ad un inutile soprammobile.

Questo è il personaggio Renzi: un bulletto di periferia che fa il gradasso e può mostrare la sua arroganza in Italia solo grazie alla complicità dei maggiori media ed alle regole truffaldine (nelle elezioni politiche e nelle primarie del PD) che gli hanno consentito di impossessarsi del potere.

martedì 10 febbraio 2015

Euro: Grecia e Unione Europea preparano la guerra (finanziaria)


La rappresaglia tedesca

Guardando alle mosse della Grecia di Syriza, delle istituzioni tecnocratiche dell'Unione Europea (BCE, Commissione Europea) e delle Nazioni che vi rivestono un ruolo dominante (la Germania in particolare) più che ad una partita a scacchi sembra di assistere ai frenetici preparativi di una guerra (finanziaria) destinata ad esplodere tra non molto.
Come scrive Contropiano non sembra esserci alcuna possibilità di mediazione anche se, se si volesse agire secondo logica e avendo quale stella polare i valori sociali sui quali si fonda la civiltà umana (ed europea), esisterebbero delle vie di uscita: allungare con ragionevolezza i tempi di restituzione del debito greco, finanziare con le risorse comunitarie (ma anche con il contributo dei Paesi che grazie all'euro ottengono surplus nella bilancia commerciale) investimenti produttivi e spese sociali per restituire alla popolazione greca condizioni dignitose di vita, consentire l'intervento pubblico nell'economia (ciò che è bollato come aiuto di Stato) per riattivare sistemi produttivi che altrimenti non hanno la forza di rialzarsi e svilupparsi, agire per compensare gli squilibri commerciali intraeuropei.
Non esiste possibilità di mediazione perché l'Unione Europea (il grande capitale internazionale, la Germania) non è disposta ad abbandonare i dogmi liberisti. E dunque le armi in mano alla Grecia (la minaccia del ripudio unilaterale del debito) diventano armi spuntate perché per quell'uno per cento che domina il mondo, ed anche l'Europa, il pericolo più grande non è l'inesigibilità dei crediti ma che sia possibile dimostrare che può esistere un'alternativa al liberismo in grado di avere successo e migliorare le condizioni di vita di gran parte dei cittadini. E dunque per costoro la “ribellione” greca dovrà essere duramente punita e la Grecia gettata nel caos per dare l'esempio a chi (la Spagna, l'Irlanda, il Portogallo) pensasse di poterne imitare l'esempio. Esiste inoltre la possibilità (e la tentazione), come avvertono alcuni osservatori, che la Germania possa utilizzare la Grecia per liberarsi della moneta unica europea.
In realtà l'esito di questa guerra non è così scontato. Varoufakis e Tsipras hanno mostrato di sapersi muovere in una logica di guerriglia finanziaria, i tempi tecnici e l'esito di un contenzioso internazionale derivante da un'espulsione unilaterale della Grecia dall'euro e dall'Unione Europea sono tutt'altro che prevedibili, le centinaia di miliardi di euro del debito greco che rischiano di volatizzarsi per i finanziatori (BCE, Stati membri dell'Unione Europea) non sono noccioline per un'economia europea che a fatica sta tentando di rialzarsi dalla crisi globale.

sabato 7 febbraio 2015

L'osceno mercimonio tra Renzi e Berlusconi


Renzi alla guerra contro Berlusconi

Come al solito, come sempre, vogliono indurci a guardare il dito che indica la Luna per nasconderci la Luna stessa.
Così nelle fibrillazioni politiche che stanno seguendo l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica gli argomenti degni dell'attenzione di stampa e tv sono se il Patto del Nazareno sia ancora vivo o morto, il giudizio su Renzi (più furbo o più cinico per la presunta fregatura rifilata a Berlusconi?), l'inarrestabile disgregazione di Forza Italia, la possibilità di sostituire nella “maggioranza per le riforme” il sostegno berlusconiano con i voti di trasformisti, opportunisti e voltagabbana di varia estrazione e colore.
La Luna – cioè la sostanza di quello che è in gioco – è invece ben altro.

Questo Parlamento, eletto con una legge incostituzionale che ne ha falsato la composizione e la rappresentanza dei cittadini, non ha la legittimità giuridica, morale e politica per cambiare la Costituzione.

Quello che conta del Patto del Nazareno è l'oggetto dell'accordo (o meglio dello scambio/ricatto reciproco tra i due contraenti): i voti di Berlusconi per l'attuazione del programma della P2 in cambio di vantaggi per sé e per le sue aziende. Il tira e molla di questi giorni, le minacce di Berlusconi di mettere a rischio le “riforme” e le contro-minacce renziane di inserire nei provvedimenti in fase di approvazione qualche norma anti-Mediaset o anti-Berlusconi (falso in bilancio, frequenze televisive) dimostrano esattamente, come scrive Travaglio, quali sono il senso e la natura di quel Patto. Può darsi che ora Renzi possa fare a meno dei voti di Berlusconi ma il programma della P2 resta così com'era.

Il principale alibi “politico” del patto per le riforme con Berlusconi era espresso così: “per mettere mano alla Costituzione è necessaria un'ampia maggioranza che impone di trattare anche con gli avversari e dunque con il leader della forza politica concorrente”. In realtà, in termini di consensi elettorali, PD e Forza Italia già rappresentavano molto meno della metà dei cittadini; recuperare i voti di chi capita – cani sciolti il cui unico obiettivo è di continuare a guadagnare il più a lungo possibile ventimila euro al mese - per approvare Italicum ed abolizione del Senato è, se possibile, ancora più indegno e osceno del Patto del Nazareno.

Su queste cose – legge elettorale e modifiche costituzionali – si potrà valutare e giudicare il nuovo Presidente della Repubblica e se davvero si tratta di un sincero democratico fedele alla Costituzione Repubblicana e con la schiena dritta.


Ai tanti simpatizzanti di Sinistra che storcono il naso su Il Fatto Quotidiano, accusato di avere un'impronta manettara e legalitaria, ricordiamo che quello è l'unico grande organo di informazione (certamente non organico alla Sinistra) che queste cose le dice a chiare lettere. E a ciò corrisponde l'oscenità del silenzio e degli inganni dei tg e di tutti i quotidiani in mano al potere economico. Oltre all'osceno atteggiamento dei tifosi piddini che gioiscono per i colpi che Renzi ha assestato a Berlusconi. Ora, mi rendo conto che, come si dice, per un tifoso il massimo del godimento è vincere un derby nei minuti di recupero con un gol irregolare o con un rigore fasullo ma qui non stiamo parlando di calcio ma del futuro dell'Italia. E il destino che Renzi sta preparando per il nostro Paese è esattamente quello auspicato da Licio Gelli.

martedì 3 febbraio 2015

L'elezione di Sergio Mattarella e la sindrome del Processo del Lunedì


L'elezione di Mattarella e il ritorno della Balena Bianca by Luca Peruzzi

Nel 1980 , trentacinque anni fa, Aldo Biscardi portava sugli schermi della Rai il Processo del Lunedì: il primo esempio di talk show sportivo e di giornalismo trash con un largo successo popolare. Non so quanto il “rosso” (di capelli ) Aldo fosse consapevole del mostro che stava creando ma certamente quel programma è stato uno degli emblemi dell'abisso in cui è progressivamente precipitata negli ultimi decenni la qualità della televisione e dell'informazione in Italia. La chiacchiera da bar spacciata come spettacolo e divulgazione, la discussione condotta con le modalità della rissa verbale con le voci gracchianti che si sovrappongono l'una all'altra impedendo di comprendere alcunché, la trasformazione dei giornalisti da professionisti con il ruolo di raccontare e spiegare i fatti in macchiette da avanspettacolo, il dibattito focalizzato esclusivamente sull'ultimo fatto, sull'ultima partita anzi sull'ultima azione come se non ci fosse un prima e un dopo: una storia passata che spiega gli eventi ed un futuro che ne sarà condizionato.
Questo è stato il Processo del Lunedì ma questo è diventato anche il modo prevalente con cui da anni viene trattata l'informazione “seria” di tv e giornali.
Ecco molti commenti alla elezione alla Presidenza della Repubblica, letti sui social network o espressi dai professionisti dell'informazione, mi hanno fatto ripensare al Processo di Biscardi: frasi fatte, giudizi sommari, analisi elaborate senza la capacità o con il rifiuto consapevole di collocare l'evento nel contesto politico, sociale, culturale, dei rapporti di forza tra i partiti e tra le élite dominanti in cui viviamo.