"Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata" (Margaret Mead)

venerdì 9 dicembre 2016

Renzi, il Referendum, il Popolo


Il NO al Referendum secondo Luca Peruzzi
Alcune considerazioni sulla vicenda referendaria e sull'esito del voto che ha visto una grande partecipazione popolare ed uno straordinario 59% di NO alla manomissione della Costituzione.

Gli obiettivi della deforma costituzionale di Renzi. La prima cosa da chiarire è il senso e la direzione del percorso di “riforma istituzionale” promosso da Matteo Renzi accelerando e mettendo in atto quanto avviato su sollecitazione di Giorgio Napolitano all'inizio di questa legislatura (il Presidente della Repubblica che sostituiva al ruolo di Garante della Costituzione quello di manipolatore degli equilibri istituzionali, con la commissione di saggi e l'iniziale progetto di poter modificare la Costituzione scavalcando l'articolo 138 che ne regola le procedure di revisione). Il quadro generale è quello della caduta verticale di credibilità e di legittimazione popolare delle cosiddette Istituzioni democratiche (in Italia come nelle altre “democrazie” liberali dell'Occidente) e contemporaneamente della richiesta ultimativa del Grande Capitale di rimuovere lacci e lacciuoli che ostacolano o impediscono di cogliere pienamente le occasioni di profitto (diritti sociali e dei lavoratori, economia in mano pubblica, difesa dell'ambiente). La risposta dell'Establishment alla crisi della Politica e di consenso dei governi “amici”, tanto più forte quanto più si diffonde la consapevolezza che questi sono unicamente al servizio degli interessi del Potere Economico e non del Bene Comune, si è esplicitata seguendo due direttrici: da un lato utilizzando l'arma della paura (il terrorismo, la guerra, il fallimento finanziario dello Stato) e dall'altro attivando gli strumenti dell'ingegneria costituzionale ed elettorale per restringere gli spazi della rappresentanza democratica in nome della governabilità. Mentre sullo sfondo resta drammaticamente aperta, extrema ratio perché in palese contraddizione con l'ideologia della libertà assicurata solo dai mercati, l'opzione della dittatura poliziesca. In questo contesto il tentativo di Renzi e della sua cricca è stato il tentativo di soddisfare (e utilizzare) le richieste del Grande Capitale per assicurarsi il dominio sull'Italia per i prossimi vent'anni. Il cronoprogramma predisposto da Renzi testimonia la logica del suo disegno: approvazione con referendum della schiforma/deforma costituzionale e subito dopo al voto con l'Italicum per diventare, grazie al premio di maggioranza e all'azzeramento dei contrappesi istituzionali, il Padrone incontrastato del Paese. Un progetto da giocatore d'azzardo che cerca di far saltare il banco e portar via tutta la posta sul tavolo. Ed anche un progetto rispondente ad una logica banditesca in cui si cerca di fregare i vecchi sodali (il Berlusconi del patto del Nazareno) scappando con il bottino senza dividerlo con nessuno. Il Piano B, una volta che l'eventualità della bocciatura della deforma diventava sempre più probabile, era quello di minimizzare la sconfitta attribuendosi comunque il ruolo di forza maggioritaria del "cambiamento". Per raggiungere questi obiettivi Renzi le ha tentate tutte senza rispettare alcun dovere di lealtà istituzionale: la sovrapposizione del ruolo di "Costituente" e di Presidente del Consiglio, il quesito fuorviante sulla scheda referendaria, la data del referendum stabilità in funzione delle proprie opportunità di propaganda, le manovre (assai opache tanto per usare un eufemismo) per conquistare il voto degli italiani all'estero, l'utilizzo della legge di stabilità per acquisire consenso, l'endorsement di giornalacci, vip e dei potenti della Terra, l'occupazione - come nemmeno Berlusconi era riuscito a fare - della Rai e la saturazione delle tv, l'utilizzo di temi spudoratamente populistici (“se vuoi ridurre i politici vota si”) mentre nel contempo si attribuiva il ruolo di argine all'antipolitica e al populismo, l'insulto sistematico ai sostenitori del NO, la prefigurazione (il ricatto) dello scenario minaccioso dell'avvento di barbari, locuste, tecnici, troike e default dello Stato in caso di mancata vittoria del si, la falsa e ipocrita contestazione della Merkel e della Commissione Europea sui vincoli di bilancio. Tutto questo andava a sommarsi all'originario e insanabile vizio d'origine della deforma Napolitano-Renzi-Boschi-Verdini: il fatto di essere stata approvata da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale ed in cui alla maggioranza dei voti in Parlamento non corrispondeva nemmeno lontamente una maggioranza di voti nel Paese.

martedì 6 settembre 2016

I 5 Stelle, i Partiti e la Politica


Virginia Raggi by Luca Peruzzi

Per esprimere la mia opinione a proposito della Raggi e delle difficoltà che sta incontrando la giunta romana per diventare operativa faccio due premesse.

La prima. Non ho mai considerato i 5 Stelle come la nuova forma politica in grado di cambiare radicalmente in meglio l'Italia. Contemporaneamente non ho mai considerato i 5 Stelle come i nuovi barbari (o i nuovi fascisti) destinati a completare la distruzione dell'Italia. E non so se fa più ridere o piangere che questa ossessione sia coltivata da chi vota o votava Renzi e Berlusconi o da chi non riesce ad esprimere nemmeno l'uno per cento dell'indignazione che ha per i 5 Stelle nei confronti di chi ci ha condannato alla gabbia dell'austerità liberista e dell'Unione Europea, di chi ha smantellato quel poco di civiltà sociale che avevamo (scuola, pensioni, sanità), di chi galleggia tra mafie e corruzione, di chi ha portato l'Italia in guerra, di chi ha osato progettare la deforma costituzionale (la “svolta autoritaria”) per di più con un parlamento eletto con una legge incostituzionale. I 5 Stelle sono un fenomeno complesso e contraddittorio: in parte incarnazione – nelle forme che possono oggi realizzarsi nel contesto culturale e sociale esistente - del bisogno di ribellione di chi sta in basso contro le élites (ed in questo sta l'aspetto positivo e progressivo dei 5 Stelle), in parte strumento – consapevole o inconsapevole – di “manutenzione” del sistema e di controllo e sedazione della rabbia e della protesta sociale (nella misura in cui non viene messa in discussione l'economia capitalista). Ma ad oggi non avrei esitazioni a votare il Partito di Grillo in un eventuale ballottaggio contro Renzi o chi per lui.


La seconda. Per quelli che sono attualmente i poteri e le risorse a disposizione di un'amministrazione comunale, Roma e i suoi cittadini sopravviveranno anche con una giunta non funzionante. Così come d'altro canto anche una giunta eccellente – con i cordoni della borsa stretti dalle politiche criminali del governo centrale prono ai diktat della UE – non sarebbe in grado di risolvere i problemi di Roma: ridare un senso e un progetto urbanistico alla città, realizzare 100 chilometri di metropolitane, ridurre almeno del 50 per cento la circolazione delle auto private e lo smog che soffoca la città, intervenire in modo significativo sul disagio sociale (diritto alla casa, agli asili nido, ad una istruzione di qualità, al reddito/lavoro, all'assistenza sociale e sanitaria), raggiungere l'obiettivo dei rifiuti zero, garantire per quanto è necessario il decoro della città (la pulizia delle strade, la manutenzione di parchi e giardini, la sistemazione quotidiana delle buche), riattivare iniziative culturali di massa che mancano dai tempi di Renato Nicolini. Stiamo tranquilli: per quanto “pasticcioni” i grillini non potranno mai fare più danni di chi li ha preceduti e cioè le giunte amiche dei palazzinari e delle cricche di mafiacapitale. Certamente i grillini non regaleranno l'ACEA a Caltagirone né favoriranno il consumo di territorio (la speculazione edilizia) più di quanto fatto e deciso in passato.

martedì 24 maggio 2016

Perché a Roma voto il comunista Mustillo





Ciò che ha contraddistinto, negli ultimi decenni, le cosiddette democrazie liberali del cosiddetto libero Occidente è stata la sempre più marcata subordinazione della Politica, quale espressione della volontà generale, al grande potere economico e finanziario, ai Mercati (la speculazione), alle entità tecnocratiche (BCE, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale) che pur prive di una legittimazione democratica e di un mandato popolare sono stati i veri artefici delle scelte di governo che hanno determinato e determinano le nostre vite.
Attraverso l'Unione Europea (in attesa del TTIP che ne renderà inutili larga parte delle funzioni), l'euro, la delocalizzazione delle attività produttive dai Paesi ricchi ai Paesi in via di sviluppo, il libero commercio internazionale, la circolazione libera e senza regole dei capitali - la globalizzazione – si è realizzata, di fatto e sul piano del diritto, tale subordinazione.
Gli Stati i cui governi si mettono di traverso o che non sono funzionali al sistema, presidiato da un mastodontico complesso militare (Stati Uniti, Nato, Israele), vengono ridotti all'obbedienza per mezzo della guerra economica (il crollo degli indici di borsa, il crollo del prezzo delle materie prime qualora tali Paesi fondassero la propria esistenza sulla produzione ed esportazione di questi beni, facendo innalzare esponenzialmente i tassi del debito pubblico) oppure sottoposti a manovre destabilizzatrici a volte cruente (il terrorismo, la guerra) a volte fondate su di una martellante e mistificante propaganda mediatica e sull'esplosione di scandali giudiziari creati ad arte o quantomeno ingigantiti nella loro dimensione.
In questo contesto i governi nazionali non possono che limitarsi a percorrere strade e binari preordinati ed i politici sono ridotti a semplici testimonial/venditori di decisioni prese in altre sedi. Non a caso si è coniato il termine di pilota automatico: qualunque partito vada al governo non cambiano (non possono cambiare) gli indirizzi politici fondamentali.

lunedì 18 aprile 2016

Referendum: se tredici milioni di voti vi sembrano pochi


Renzi e le trivelle by Luca Peruzzi
I numeri

Voti per l'abrogazione delle norme sulle trivelle:      13.334.754
Voti di Renzi alle Europee del 2014:                          11.202.231

Sarebbe servito un miracolo per raggiungere il quorum nel referendum sulle trivelle, cioè quel cinquanta per cento più uno necessario a rendere efficace sul piano legislativo la volontà espressa dai cittadini. Un miracolo pensando all'Italia della passività e dell'ignavia ma anche della disperazione e della sfiducia e tenendo conto del mancato accorpamento con le amministrative, della disinformazione profusa a piene mani dai giornalacci e dalle tv di regime a cominciare dalla Rai renziana (certe trasmissioni di Rai 3 in cui si affermava che si votava solo in nove regioni rappresentano veri e propri “casi criminali di scuola”), dal punto di partenza rappresentato dal fatto che ormai 3-4 italiani su 10 non vanno più a votare in qualsivoglia elezione  e sul quale i fautori del No hanno fondato la propria campagna per l'astensione, dalla marginalità sostanziale del tema oggetto del referendum (la proroga automatica alla scadenza delle concessioni già in essere per l'estrazione di gas e petrolio, nei tratti di mare entro le dodici miglia), dal fatto che i cittadini delle regioni che non si affacciano sul mare non si sono sentiti (egoisticamente) coinvolti nella questione. Vale la pena ricordare che per il raggiungimento del quorum (invertendo una tendenza che durava da molti anni) nei referendum del 2011 che riguardavano oltre che l'acqua pubblica anche il nucleare ebbe un impatto fondamentale la tragedia di Fukushima in Giappone verificatasi poco tempo prima. E comunque i referendum sulla questione trivelle erano stati già vinti nel momento in cui, con l'ultima legge di stabilità, il governo Renzi aveva abrogato la possibilità di nuove concessioni entro le 12 miglia proprio per non doversi confrontare con i cittadini su quella sciagurata decisione.

domenica 20 marzo 2016

Il Referendum del 17 aprile sulle trivellazioni in mare: dove sono i paladini delle prossime generazioni?


Il PD: il partito dei bugiardi seriali


Il prossimo 17 aprile siamo chiamati a votare nel referendum sulle trivellazioni in mare destinate alla ricerca ed allo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio nei tratti di mare sotto costa.
Ciò su cui andremo “tecnicamente” ad esprimerci riguarda la possibilità che le concessioni attualmente attive per lo sfruttamento di giacimenti di gas e petrolio entro le dodici miglia marine dalla costa possano continuare ad operare anche dopo la scadenza delle concessioni fino all'esaurimento dei giacimenti. Se prevarranno i SI questa possibilità sarà esclusa, se vinceranno i NO o non verrà raggiunto il quorum necessario a rendere validi i referendum (la partecipazione al voto del 50% più uno degli aventi diritto) tale possibilità verrà mantenuta.
E' coinvolto in effetti un piccolo numero di piattaforme estrattive, con un modesto apporto al fabbisogno energetico nazionale e gli effetti del referendum si avrebbero (in base alla durata delle singole concessioni) non prima di cinque o dieci anni: dunque nessun shock petrolifero all'orizzonte e nessuna prospettiva di licenziamenti di massa.
Per capire cosa c'è in ballo (é evidente che il valore simbolico e politico del referendum va ben oltre il quesito in essere) è necessario fare un po' di cronistoria. Tutto nasce con lo Sblocca Italia, la legge con cui Renzi pianifica la devastazione definitiva dell'ambiente con un incontrastato e criminale via libera alla cementificazione, agli inceneritori e alle trivellazioni nei tratti di mare sotto costa.
In soldoni distruggere l'Italia, compromettere la salute dei cittadini, far fallire vitali attività economiche locali (nel turismo, nella pesca, nell'agricoltura) per i profitti di pochi mascherando il tutto con la promessa della crescita del PIL (se va bene qualche frazione decimale in più).

venerdì 26 febbraio 2016

Caro Paolo Ferrero ora è il momento di farti da parte

Paolo Ferrero

Alla fine dopo una lunga gestazione è nata Sinistra Italiana, il nuovo nome del partito di Vendola che raccoglie l'intera vecchia SEL insieme a qualche transfuga del PD e a pezzi dell'Altra Europa per Tsipras, il raggruppamento già intransigente e radicale dei fautori della politica partecipata e dal basso e del Soggetto Politico Nuovo.
Il giudizio negativo di Paolo Ferrero che ha annunciato l'indisponibilità di condurre Rifondazione Comunista dentro Sinistra italiana destinata a raggiungere al massimo il 4-5 per cento dei voti alle elezioni senza poter diventare una reale alternativa per il governo del Paese ha ricevuto sarcastici commenti sui social network: “come è ridicolo nel criticare il 4-5 per cento di Sinistra Italiana lui che è alla guida di un Partito allo zero virgola o all'uno virgola” è l'accusa più benevola che ha ricevuto.

Questo in effetti ha dichiarato Paolo Ferrero:

Secondo lei quindi l’iniziativa di Sinistra Italiana è destinata al fallimento?
Io non ho detto questo, ma penso che non risponde ai problemi che ci sono. Magari prendono il 4, il 5%. Vivono tranquilli, col loro gruppo parlamentare. Ma non è questo che risponde al problema per cui metà degli italiani oggi non vanno a votare." 

E francamente mi sembra un giudizio difficilmente confutabile: pensare che il Partito che ha come "padri nobili" colui che parlava amabilmente al telefono con gli inquinatori dell'Ilva e nella cui giunta scoppiavano gli scandali della sanità (Vendola) ed il responsabile economico del partito che votava il pareggio di bilancio in costituzione e la controriforma Fornero delle pensioni (Fassina) possa riguadagnare la fiducia del popolo della Sinistra, oggi disperso tra astensione e voto ai 5 Stelle, mi sembra fantascienza.

domenica 14 febbraio 2016

Il Canone Rai al tempo della Grande Menzogna


Fabio Fabio secondo Luca Peruzzi
Sta passando in questi giorni sulle reti Rai lo spot sul pagamento del canone. Mentre scorrono sullo sfondo le immagini dei programmi “di punta” o presunti tali della tv pubblica, ci viene propinato il messaggio che da quest'anno il canone è più conveniente e più comodo da pagare. Si tratta evidentemente di una colossale e spudorata mistificazione: il canone non è il prezzo di un servizio liberamente scelto ma è la tassa dovuta per il possesso degli apparecchi televisivi (o a questi equiparati) che serve a finanziare la Rai in quanto servizio pubblico radiotelevisivo. L'entità della tassa è stata ridotta a cento euro (a quanto si è capito solo per il 2016) considerato che associarla alla bolletta elettrica consente di recuperare gran parte dell'evasione. Una comunicazione onesta e corretta (e che ciò non avvenga dice tutto sull'attendibilità della Rai nell'informarci sulle grandi questioni quali ad esempio le guerre e la crisi economica) richiederebbe dunque di pronunciare esplicitamente parole ed espressioni messe all'indice e considerate tabù per il pensiero unico dominante: tasse e servizio pubblico.
Servirebbe cioè riconoscere che esistono ambiti della vita sociale ed economica (quale è la cultura nell'accezione più ampia: informazione, arte, musica, spettacolo, cinema, teatro, letteratura) che devono essere sottratti alla dittatura del profitto, della speculazione e delle multinazionali per essere governati in funzione del bene comune, identificato come tale dalla volontà popolare, e finanziati dalla fiscalità generale.
Che la Rai non possa evidenziare il proprio ruolo di servizio pubblico è facilmente comprensibile: da anni non svolge più tale funzione e ciò rende il canone una tassa odiosa ed insopportabile soprattutto pensando agli onorari milionari degli insulsi personaggi che la infestano.

mercoledì 3 febbraio 2016

Il family day e l'agenda politica del liberismo


L'Ipocrity Day by Luca Peruzzi

Sabato scorso a Roma qualche decina di migliaia di persone, fomentate per ragioni di opportunismo politico e bigottismo religioso, manifestava contro il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e delle coppie omosessuali.
Nel frattempo vaste aree del mondo sono insanguinate - conseguenza diretta o indiretta dell'imperialismo occidentale e della politica dei suoi alleati Israele, Turchia e Arabia Saudita – dalla guerra e dal fondamentalismo islamico (e si parla ormai apertamente di una guerra mondiale incombente o già in corso), tanti povericristi (e tra loro tantissimi bambini) continuano a morire nel Mediterraneo nel loro viaggio verso la speranza (o illusione) di salvezza da guerre, malattie e miseria, i cambiamenti climatici in atto annunciano lo stravolgimento della geografia umana così come la conosciamo da alcuni millenni. E in Italia non si vede alcun superamento della crisi ed alcuna sostanziale diminuzione della disoccupazione, la povertà riguarda milioni di persone, le conquiste del welfare (pensioni, sanità, casa, trasporti pubblici, scuola e università per tutti) sono sempre più un lontano ricordo, la democrazia politica (anche nella sua mera funzione simbolica) è sotto attacco con le controriforme costituzionali e l'Italicum, si sta definitivamente smantellando la struttura economico-produttiva italiana – come entità nazionale autonoma – alla mercé del capitale straniero (gli “investimenti esteri”) e la battaglia che si sta conducendo intorno alle Banche italiane rappresenta l'ultimo e forse conclusivo atto del processo di colonizzazione economica e dunque politica dell'Italia.
Eppure la questione delle unioni civili è da giorni al centro del dibattito politico come se ad essa fossero appesi i destini del mondo. 

sabato 9 gennaio 2016

I tavoli della Sinistra e il mutualismo


Il Quarto Stato visto da Luca Peruzzi



Anche per l'ultimo tavolo per la Costituente della Sinistra Unita Italiana è stato dichiarato il fallimento ma non credo che la cosa possa destare meraviglia né che ciò spingerà qualcuno a strapparsi le vesti o tantomeno al suicidio.
Le ragioni di questi fallimenti, ampiamente prevedibili e scontati anche guardando a quanto successo nel passato recente, sono a mio avviso sostanzialmente due.
Prima ragione. Un movimento, un partito, un'iniziativa politica non nasce e non assume rilevanza di massa perché si uniscono pezzi di ceto politico (per di più screditati e impopolari) ma perché si ha la capacità di cogliere, di rappresentare, di organizzare bisogni e sentimenti collettivi diffusi, di essere espressione di almeno una parte del popolo. Non vi è da parte mia una furia “rottamatrice” verso i vecchi dirigenti dei partiti della Sinistra i quali anzi, presi uno per uno, sono spesso persone anche dignitose e rispettabili, meritevoli di ascolto e che potrebbero ancora dare un utile contributo. Ma se manca la capacità di coinvolgere, di mobilitare, di suscitare l'interesse concreto di coloro che si vogliono rappresentare (anzitutto precari, disoccupati, lavoratori e pensionati poveri, disabili, studenti di serie B senza futuro) non si va da nessuna parte. Se non si riesce a rompere l'involucro impenetrabile (disinformazione di massa, cultura dell'egoismo e del consumo compulsivo, la paura di perdere anche quel pochissimo che si ha) che rende prigionieri i più, se non si riesce a mettere al centro del dibattito politico l'idea di una società comunista e socialista quale soluzione dei problemi e quale premessa per il bene comune e a non lasciare la parola solo alla destra nelle sue varie declinazioni si è condannati alla marginalità e all'impotenza. E se manca la “ciccia” di una visibile partecipazione e di un consenso almeno potenziale che convinca a stare insieme, al di là delle fisiologiche differenze di opinione e di strategia, è inevitabile che ciascuno scelga di restare asserragliato nel proprio fortino, per quanto fragile e fatiscente, e magari ad accontentarsi di raccogliere le briciole di potere lasciate cadere sotto il tavolo.